Un altro muro si alza davanti al project della discordia. Non bastava l’artiglieria dello scontro fra Linguaglossa e Castiglione, i due Comuni proprietari della pista di Etna nord per i crateri del vulcano. A infliggere un nuovo colpo al piano da 23 milioni di euro della cordata Etna Alcantara mobility ci pensa Legambiente. Il circolo Taormina Giardini Naxos Alcantara degli ambientalisti mette nero su bianco una lunga serie di perplessità e contestazioni rivolte al progetto di finanza che, meno di un anno fa, a sentire i sindaci avrebbe dovuto riscrivere la storia dello sviluppo turistico di questo pezzo di montagna.
Sempre a distanza di un anno dalla graduatoria dei Comuni, la presidente Annamaria Noessing imbraccia il bazooka. A dire il vero, come anzidetto, ci ha già pensato il litigio fra i primi cittadini Salvatore Puglisi e Antonio Camarda a mandare tutto all’aria. A giorni, intanto, dovrebbe partire l’appalto delle mini escursioni, limitate al solo territorio di Linguaglossa. Cioè la risposta di Puglisi al «no» di Castiglione su un bando provvisorio in attesa del project. Una battaglia deflagrata con sommo dispiacere del gruppo di imprenditori che aveva proposto corposi investimenti infrastrutturali fra l’Etna e il fiume, in cambio della gestione dell’unico percorso che porta a quota 3000.
Nelle mire della cordata, capitanata dall’ex presidente del Parco dell’Etna Cettino Bellia, Legambiente ci legge oggi un potenziale ritorno alle ombre del passato. «Si ritiene il progetto unicamente finalizzato ad uno sfruttamento monopolistico di una vasta area, con un margine di vantaggio per le singole comunità/paesi irrisorio». La tonalità è la stessa sentita per anni, fra Linguaglossa e Castiglione. Fino al 2016 era il gruppo Russo Morosoli – poi travolto dall’inchiesta sul business dei trasporti turistici in alta quota – a gestire la strada per i crateri. Garantendosi l’esclusiva dell’accesso all’Etna, grazie al contemporaneo controllo della funivia sul versante sud. Poi la crisi e, oggi, le macerie: il deserto a Piano Provenzana e il blocco delle escursioni sull’Etna.
Legambiente richiama proprio l’intervento dell’Antitrust, quello che nel 2016 accelerò il crollo del vecchio equilibrio: «Il Garante aveva rilevato che la gestione sostanzialmente monopolistica, sia della cabinovia che del successivo percorso sterrato verso i crateri sommitali, determinava prezzi assolutamente esosi per le due prestazioni». Con il project Etna-Alcantara, secondo gli attivisti, lo scenario potrebbe ripetersi: «Il collegamento, seppure rapido e diretto, oltre che fine a se stesso, non appare garantire l’interesse degli utenti a dei ticket calmierati». La cordata punta costruire una cabinovia a Piano Provenzana, un ponte sull’Alcantara e una bidonvia fra il fiume e il borgo di Castiglione. Un sistema di mobilità da integrare con le escursioni in jeep ai crateri e che prevede l’esclusiva dei trasporti turistici fino a quota 3000. L’idea, secondo Legambiente, «risulta mirata unicamente ad uno sfruttamento numerico e non qualitativo del territorio, senza il quale l’ammortamento di spesa per gli impianti – circa 10 milioni per la sola cabinovia, ndr – non sarebbe possibile».
Secondo gli attivisti guidati da Noessing, inoltre, «la finalità di collegamenti previsti dal project non ha una ragione d’essere nel bisogno di raggiungimento dei luoghi, ma soltanto con una finalità ludico/lucrativa». Servirebbe invece una «fruizione dei luoghi compatibile con la conservazione delle diverse aree e i vincoli». Che non sono pochi: oltre a coinvolgere tre Comuni, due province e relative Soprintendenze, il project Etna-Alcantara tocca ben due parchi naturali e due siti di interesse comunitario. Livelli di tutela che, per Legambiente, non possono conciliarsi con un piano che prevede, fra le altre cose, infrastrutture imponenti, taglio di porzioni di bosco e flussi continui di visitatori in aree protette.
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