Il bisogno di riconciliarsi con la natura, difendere la sostenibilità ambientale e recuperare il senso di comunità. Questi gli obiettivi del progetto culturale Rural Revolution, portato avanti da Gabriele Virzì nel territorio di Aidone, nell’Ennese. Un’idea che si è concretizzata attraverso un ritorno alle origini: «Avevo un pezzo di terra abbandonato di proprietà familiare, con piante di ulivo e di mandorlo, a cui adesso si sono aggiunti i legumi antichi, come le lenticchie e i ceci neri», racconta MeridioNews. Così il 33enne ha deciso di prendersi cura della sua terra attraverso un primo approccio pratico, consistente nella piantagione di 30 alberi. Dal 2019 al 2021 le prime sperimentazioni a cui è seguito l’avvio ufficiale del progetto lo scorso anno. Un’attività green che si distingue per le modalità di raccolta e trasformazione delle mandorle, dove la lavorazione a mano sostituisce l’artificialità dei macchinari.
Due le fasi di trasformazione: «Nella prima parte raccogliamo le mandorle e le sgusciamo col supporto di un laboratorio che ha delle macchine sostenibili – prosegue Gabriele – mentre nella seconda parte si spella il seme decidendo di trasformarlo in farina per fare paste, panetti, latte o creme». Tutti prodotti a chilometro zero provenienti da un ambiente dove «il tempo si scandisce secondo i cicli naturali». Lavoro che ha un impatto non solo sul fronte agricolo ma anche su quello sociale: «Stiamo programmando un concerto a ottobre dove inviteremo degli amici per raccontare la nostra attività, suoneremo e faremo assaggiare il prodotto. Un evento del genere – aggiunge il 33enne – serve a fare capire cosa ci insegna la campagna, cioè che abbiamo bisogno degli altri, non si può fare tutto da soli».
Come per la vendemmia nel caso del vino, anche per le mandorle c’è un preciso momento temporale in cui tutto si ferma e ci si aggrega con la scusa di raccogliere i frutti della terra. Specie in tempi di globalizzazione, l’idea è quella di difendere il volto della tradizione locale e richiamare a un’unione ormai persa tra i ritmi frenetici imposti dalla società. Un modo, quello del 33enne di Aidone, per conoscere meglio l’altro anche attraverso strumenti come la piattaforma Workaway, che permette di viaggiare e farsi ospitare in cambio di qualche ora di lavoro nel terreno: «Volevamo fare conoscere la natura e la campagna a livello internazionale, a chi vive in grandi città. Così abbiamo ospitato una coppia di tedeschi e una persona proveniente dalla Spagna», prosegue Gabriele. Oltre a recuperare il patrimonio culturale, Rural Revolution si impegna anche a sensibilizzare gli agricoltori a non abbandonare o svendere i terreni. A richiamare l’attenzione è il coinvolgimento da parte delle giovani generazioni che hanno voglia di impegnarsi e si sono offerti di partecipare alla raccolta.
Guardando al futuro l’idea è di proseguire sulla stessa strada ingrandendo sempre più il tessuto sociale e incrementando la comunicazione tra piccoli produttori. Una guerra alla coltura intensiva che «comporta l’abbandono di terreni, lo sfruttamento delle campagne, la mancanza di occupazione e l’annullamento del concetto di biodiversità». Sensibilizzazione che, oltre al tema della biodiversità, si estende anche a quello della salute perché «se si mangia male, il cibo diventa veleno dopo anni. A me interessa che le persone sappiano quello che mangiano», conclude il 33enne.
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