Da subito in città lo hanno ribattezzato lo straniero. Un soprannome che non ha portato bene al procuratore capo di Catania Giovanni Salvi, nominato dal Consiglio superiore della magistratura il 2 novembre 2011 e rimosso ieri da una sentenza del Tar del Lazio. Dopo il ricorso di altri due candidati alla reggenza della procura di Catania: Giovanni Tinebra e Giuseppe Gennaro. Un provvedimento che incrina sempre più gli equilibri interni al più noto ufficio giudiziario etneo ma che, per avere effetti reali, potrebbe dover attendere una richiesta di sospensiva e un eventuale ricorso al Consiglio di Stato da parte di Salvi. A far propendere i giudici amministrativi verso questa decisione è stata la presenza sul campo, a Catania e nell’antimafia, dei due ricorrenti. Al contrario di Salvi, leccese di nascita e romano d’adozione, esperto di terrorismo internazionale. Un’estraneità a Catania e alle dinamiche cittadine, la sua, che era proprio il motivo per cui la società civile chiedeva a gran voce la sua candidatura.
Una nomina travagliata quella di Giovanni Salvi, bloccata già una volta, in sede di decisione del Csm, dal ricorso di tre candidati: Ugo Rossi (procuratore di Siracusa), Francesco Giordano (procuratore di Caltagirone) e Giuseppe Toscano (aggiunto di Catania). I tre contestavano la validità della norma per la quale venivano esclusi dal concorso i magistrati che ricoprivano il loro ruolo attuale da meno di tre anni. Un limite non applicabile, secondo i ricorrenti, per chi come loro era stato costretto a chiedere il trasferimento in seguito alla riforma dellordinamento giudiziario. Che prescrive l’impossibilità per un procuratore di rimanere in carica nella stessa sede per più di otto anni. Motivazioni che Rossi ha portato avanti anche dopo la nomina di Salvi, con un ricorso al Tar che si è già concluso. Questa volta a favore dell’attuale procuratore capo etneo.
Più complesso invece il ricorso degli altri due candidati alla reggenza della procura etnea. Giuseppe Gennaro, attuale procuratore aggiunto, un passato da presidente dellassociazione nazionale magistrati, è stato uno dei protagonisti del secondo Caso Catania: uno scandalo di intrecci affaristici, giudiziari e mafiosi il cui coinvolgimento è stato sempre smentito dal magistrato. Eppure è bastato a diverse associazioni cittadine per far chiedere, un anno fa, al Csm di non sceglierlo alla guida della procura etnea. L’altro ricorrente è Giovanni Tinebra, attuale procuratore generale a Catania ed ex procuratore capo di Caltanissetta negli anni delle indagini sulle stragi di Capaci e via DAmelio. Indagini e processi oggi da rifare. Un biglietto da visita non troppo rassicurante, secondo la stessa società civile. Che puntava tutto su Salvi: «Una personalità di alto spessore che eserciti lautonomia della magistratura rispetto al potere politico ed economico e che sia del tutto estranea allambiente cittadino».
Guarda la nostra infografica, pubblicata poco prima della nomina di Giovanni Salvi da parte del Csm
Ma il Tar non la pensa a così. Secondo il tribunale amministrativo, infatti, la presenza a Catania di Tinebra e Gennaro da più di quattro anni doveva essere considerata dal Csm un titolo preferenziale rispetto all’estraneità di Salvi. Anche per le competenze acquisite dai due in campo di lotta alla mafia, che invece mancano all’attuale reggente. Che, secondo i ricorrenti, avrebbe anche sbagliato i tempi della sua candidatura. Salvi era infatti già in corsa per un posto da procuratore aggiunto a Milano quando viene bandita la reggenza della procura etnea. Un ruolo sicuramente più prestigioso e più urgente da designare, per il quale il Csm accetta di allargare le candidature anche a chi si era già proposto altrove. Ma non tutti sono d’accordo.
Adesso la decisione, dopo un eventuale ricorso al Consiglio di Stato, passa di nuovo al Csm. Costretto a rivalutare curricula e opportunità dei magistrati ricorrenti e del gerente designato. Ma potrebbe trattarsi di una procedura molto lunga. E intanto, alla procura di Catania, l’aria sembra essere più avvelenata che mai. Ricorrenti e nominati a rischio lavorano fianco a fianco, tra archiviazioni richieste ma non accolte dai giudici e udienze preliminari con anche cinque procuratori presenti, come a rappresentare tutte le anime di questo confuso ufficio.
[Foto di ludik]
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