«I risultati sono molto positivi, credo che abbiamo avviato anche dei servizi utili alla collettività». Stamattina il procuratore capo Giovanni Salvi ha presentato la relazione semestrale che chiude il 2013. «Un rendiconto, non un bilancio sociale», precisa, nato dalla volontà di informare i cittadini sulle attività svolte dall’ufficio da lui guidato. Un anno in chiaroscuro, tra i successi nello snellimento delle pratiche burocratiche e gli annosi problemi che caratterizzano la giustizia italiana. Sulle attività investigative solo un rapido cenno alla sentenza della corte d’Appello sull’omicidio Sandri. «La tutela delle vittime è un nostro obiettivo fondamentale», dichiara.
Il commento del procuratore capo Giovanni Salvi sull’attività 2013
Nota dolente, come sempre, sono le risorse ridotte sia in termini finanziari che di personale nonostante le necessità dell’ufficio accertate da valutazioni tecniche. «Ancora una volta hanno prevalso antichi pregiudizi che vedono Catania tra i distretti tranquilli e a bassa densità mafiosa, nonostante decenni ormai di prove purtroppo contrarie», scrive Salvi nella sua relazione. Un’emergenza non sanata dall’arrivo di nuovi magistrati e che vale anche per il personale amministrativo la cui «età media ha ormai superato i 54 anni e sei mesi». Molti dei dipendenti in prossimità della pensione, hanno chiesto di restare in servizio. «Segno che c’è un buon clima», afferma con un sorriso il procuratore.
Un valido aiuto per i dipendenti della Procura viene dall’avvio dello Sportello unico per il pubblico, entrato in funzione a gennaio, che permette il rilascio di documenti per via telematica con un risparmio di tempo per avvocati e cittadini. «Sta andando alla grande», afferma Giovanni Salvi, ma – puntualizza – potrebbe andare meglio se i Comuni che hanno preso l’impegno di attivare gli sportelli periferici mantenessero il buon proposito. Una critica che rivolge anche agli avvocati catanesi che hanno dimostrato di avere un rapporto controverso con la posta elettronica certificata, creando «file inutili che creano un aggravio di lavoro a noi e disagio ai cittadini».
«L’obiettivo per il 2014 è portare l’intero ufficio ad uno standard accettabile», in termini di pendenze. Già ridotte di più di mille casi rispetto al 2012 – nonostante le nuove segnalazioni – per quanto riguarda i registri di reato di noti ed ignoti, ma ancora critiche per quanto riguarda il registro dei fatti non costituenti reato. Un passo iniziale, quest’ultimo, prima di approfondire un eventuale illecito e farlo transitare in un elenco definito, ma che spesso diventa un limbo in cui i presunti reati stazionano per anni. Dato positivo invece per la nuova Sezione affari semplici che grazie a soli quattro magistrati raccoglie il 40 per cento delle nuove segnalazioni, nonostante alcuni errori in fase di rodaggio.
Per quanto riguarda i gruppi di lavoro, in alcuni passaggi della sua relazione Salvi ricorda la creazione, all’interno della direzione distrettuale antimafia, di un pool specifico per i reati relativi all’immigrazione. Un gruppo riconosciuto anche a livello nazionale e che ha superato anche le questioni relative alla legislazione in materia di diritto sollevate nell’ambito di alcune operazioni, tra le quali il sequestro di una nave-madre in acque internazionali. «Anche questo è un bel risultato che ha visto la Procura di Catania in evidenza», commenta soddisfatto. Prosegue anche l’attenzione ad alcuni temi caldi, tra cui gli infortuni sul lavoro e il femminicidio. Una novità è rappresentata dalla «nostra presenza nella sezione fallimentare». Come spiega Salvi, si tratta di un’area «fino a poco tempo fa poco considerata, adesso centrale per questo ufficio».
Tra i successi, il procuratore capo annovera la demolizione degli immobili abusivi. Un tema su cui si è concentrata l’ufficio etneo che ha riunito le «centinaia di pratiche disperse tra i diversi uffici», affidandole a un apposito gruppo di lavoro in cui rientra anche personale del Corpo forestale locale e regionale. Insieme alla collaborazione con i Comuni, come nel caso delle demolizione delle abitazioni abusive nell’area protetta dell’Oasi del Simeto. Con una novità: «Alle demolizioni si affiancherà la destinazione a fini sociali di quelli (gli immobili, ndr) che non è possibile o non è utile demolire».
Continua invece l’annosa questione dei locali che dovrebbero ospitare gli uffici giudiziari etnei. Resta in piedi l’ipotesi – sottoscritta anche dal sindaco di Catania Enzo Bianco in un incontro svoltosi ieri – di destinare la struttura dell’ospedale Ascoli-Tomaselli al posto dei locali privati per i quali oggi vengono pagati affitti salati. Ma nel rendiconto non c’è ancora traccia di tempi certi. Più concreta, invece, sembra finalmente la possibilità di prendere possesso dell’ex palazzo delle Poste di viale Africa. Dopo il via libera del ministero della Giustizia e del Comune, la parola adesso spetta alla Regione «che avrebbe un grosso vantaggio». Palazzo d’Orleans dovrebbe pagare solo gli interventi di natura strutturale – l’adeguamento sismico su tutti – e cederebbe i locali non a titolo gratuito, traendo guadagno da un edificio in decadimento. «Anche su questo fronte bisogna lavorare e non mollare».
Tra le problematiche affrontate nella relazione, un passaggio è dedicato alla questione carceri. «Non è competenza nostra, anche se la gente in galera la mandiamo», puntualizza. Migliorate le condizioni del carcere di piazza Lanza, per il quale la Procura etnea dichiara «l’eliminazione del sovraffollamento», grazie soprattutto alla riduzione del fenomeno delle cosiddette porte girevoli, ossia i casi di detenuti che restano in carcere per meno di cinque giorni. In 341 nel 2013, quasi un terzo rispetto a due anni prima. L’attesa ristrutturazione del reparto di isolamento Nicito sembra ormai completata e la consegna dei locali è prevista per le prossime settimane. «Entro l’anno sarà aperto un nuovo padiglione», si annuncia anche nel rendiconto, e anche un’altra area attigua verrà presto messa in funzione.
Nel 2013, infine, fa sapere il procuratore capo, una particolare attenzione è stata prestata ai costi delle consulenze – più bassi ma anche più frequenti, per permettere giudizi più veloci – e delle intercettazioni. L’adeguamento informatico per quest’ultima attività avrebbe portato a «un risparmio complessivo certamente superiore ai due milioni di euro rispetto al 2011, prima del riordino», spiegano dalla Procura. Per le intercettazioni telefoniche si sono abbattuti i costi del 75 per cento; 30 per cento il risparmio per quelle ambientali.
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