Cronaca

Processo omicidio De Simone, il fratello parla di una battuta che la vittima fece all’imputato

«Tra mio fratello e l’imputato c’era stato un incontro nell’area di un distributore di benzina poco prima di quello che poi è successo. In quella occasione, gli aveva fatto una battuta: “Oramai ci dividiamo anche le donne”. Frase a cui la persona che era con lui aveva risposto: “Ti fai prendere in giro da un ragazzino?”». Il ragazzino era Angelo De Simone, il 27enne trovato impiccato nella veranda di casa nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa il 16 febbraio del 2016. L’imputato del processo per l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi è Giancarlo De Benedictisdetto Carlo ‘a scecca. Già in carcere per una condanna a vent’anni nell’ambito dell’operazione antidroga Bronx, nel corso del suo esame si è dichiarato innocente. A raccontare questo episodio durante la lunga udienza di oggi è stato un fratello della vittima, che è stato uno dei testimoni sentiti. Il riferimento della battuta è a una relazione sentimentale che De Simone avrebbe avuto una relazione con una donna legata anche a De Benedictis. Uno dei moventi dell’omicidio – insieme a un presunto debito di droga di poche centinaia di euro – preso in considerazione dall’accusa.

A testimoniare oggi nell’aula del tribunale aretuseo sono stati anche un altro fratello della vittima – che aveva tagliato la corda a cui il giovane è stato trovato impiccato ma non riconoscendola come un oggetto già visto o appartenente al fratello -, la mamma Patrizia, una zia e l’amico fraterno Davide. Sentita anche una ragazza che conosceva De Simone e che lo aveva incontrato poco prima in sella allo scooter, trovandolo «tranquillo, sereno». Fondamentale è stata poi la testimonianza di un ragazzo che, all’epoca dei fatti, lavorava per le onoranze funebri e che si era occupato della vestizione. Dopo qualche reticenza, ha confermato che nel cadavere aveva notato dei lividi ai testicoli. Stando a quanto emerso dall’esame autoptico, il 27enne sarebbe stato più volte colpito alla nuca e ai genitali. Dopo essere stato stordito, sarebbe deceduto per asfissia meccanica dovuta all’azione del laccio, cioè per impiccamento. Dopo di che, il giovane sarebbe stato appeso a un gancio per simularne il suicidio. Una versione a cui, nonostante una doppia archiviazione, i familiari – assistiti dall’avvocato David Buscemi – non hanno mai creduto. Per l’accusa, oltre a De Benedictis, ci sarebbe un altro responsabile dell’omicidio: Luigi Cavarra, appartenente al clan Bottaro-Attanasio poi diventato collaboratore di giustizia e morto nel 2018. E proprio dalle dichiarazioni di altri due collaboratori di giustizia il caso era stato riaperto.

Marta Silvestre

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