Si è tornati nell’aula della Corte d’Assise del tribunale di Siracusa dove si sta svolgendo il processo di primo grado a carico di Christian Leonardi, accusato di essere il responsabile dell’omicidio della moglie Eligia Ardita e di Giulia, la figlia che portava in grembo, avvenuto la sera del 19 gennaio del 2015. A essere ascoltato è stato il fratello dell’imputato, Pierpaolo Leonardi. Undici ore di udienza alla fine della quale il teste «non è più riuscito ad alzarsi dalla sedia – racconta a MeridioNews il padre di Eligia, Agatino Ardita – tanto che, usciti dal tribunale, lo abbiamo subito accompagnato in ospedale perché ha avuto un vero e proprio crollo psicologico».
Ha dovuto ripercorrere i fatti, guidato dalle domande del pubblico ministero Fabio Scavone, a partire dalla notte in cui Eligia è morta, passando poi alla confessione di Christian nel settembre del 2015 e alla memoria di dieci pagine in cui quest’ultimo ritrattava tutto e accusava anzi proprio il fratello e anche il legale di allora di averlo indotto a confessare. «Pierpaolo – spiega Ardita – ha detto chiaramente che solo in una primissima fase è stato convinto dell’innocenza del fratello. Poi, già prima che Christian andasse dai carabinieri per costituirsi e prima che i Ris facessero i rilievi in casa, anche lui ha iniziato a cercare di voler capire come fossero andate realmente le cose quella sera».
Il fratello dell’imputato ha raccontato di aver ricevuto la confessione da parte del fratello alle due della notte del 29 settembre del 2015. «Ha ammesso con lui, alla presenza anche dell’avvocato Aldo Scuderi – riporta il padre di Eligia – che quella sera stava per uscire, hanno cominciato a litigare e lui gli ha messo la mano sulla bocca e l’ha soffocata». Alle 8 del mattino di quello stesso giorno Christian è poi andato a costituirsi dai carabinieri. «Quello che non mi da pace è che Pierpaolo – dice Ardita – ha ammesso che perfino durante la confessione il fratello è rimasto freddo, distaccato, non ha versato nemmeno una lacrima, come se non gliene importasse nulla». E anche in aula Christian appare sempre tranquillo. «Abbiamo incrociato i nostri sguardi per un attimo – racconta il signor Ardita – e io avrei solo voluto dirgli “ma non ti rendi conto di come hai ridotto anche tuo fratello?“. Sono sofferenze anche per loro».
La prossima udienza, fissata per mercoledì 8 novembre, prevede che vengano sottoposti a esame e controesame Sebastiana Cirasa e Antonio Di Mauro, due vicini di casa. «Entrambi – riferisce Ardita – quando sono stati interrogati dai carabinieri, hanno detto di non aver sentito nulla quella sera. Io li ho denunciati perché mi è rimasto particolarmente impresso quando dissero che dalle loro abitazioni potevano reciprocamente sentirsi anche i respiri. Allora – conclude – come è possibile che non abbiamo sentito le urla di quella sera? Io spero che si decidano a dire se hanno sentito qualcosa per capire meglio il momento in cui sono avvenuti i fatti e anchese c’era qualcun altro all’interno della casa».
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