Oggi per molti ragazzi e insegnanti è il primo giorno di scuola. Io li guardo da casa, stanca e disillusa perché ho investito, finora invano, tutte le mie energie e i miei guadagni per cercare di arrivare alla meta, ovvero il lavoro che amo e in cui credo: insegnare.
Assurda. Semplicemente assurda la situazione di tantissimi colleghi abilitati TFA (il tirocinio formativo attivo) che, come me, nell’anno 2012-2013, hanno superato ben tre prove selettive (di cui una a carattere nazionale), rientrando così nell’esiguo numero di posti regionali disponibili per frequentare il corso che rimane l’unico percorso possibile per ottenere l’abilitazione all’insegnamento.
Ci veniva garantito che il numero di posti era stato calcolato sul reale fabbisogno degli stessi. Speranzosi, abbiamo sostenuto una spesa non indifferente e affrontato un anno di grandi sacrifici, soprattutto noi del primo ciclo che abbiamo dovuto far fronte a tante difficoltà di avviamento, ritardi, lezioni di cinque ore al giorno (di didattica e materie specifiche) più altre cinque ore di tirocinio nelle scuole. Questo ogni giorno per un anno, senza poter assentarsi.
Abbiamo studiato per gli esami e per la tesi finale di notte. E finalmente, nel 2013, è arrivata la tanto agognata abilitazione per insegnare lingua e civiltà spagnola alle scuole medie e superiori. Abilitazione che però, non ci ha permesso di entrare nelle GAE (le graduatorie ad esaurimento), a differenza dei nostri colleghi della SSIS (il vecchio percorso per l’abilitazione) e i congelati SSIS. L’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento ci avrebbe permesso l’accesso al ruolo per scorrimento di graduatoria, dal momento che in alcune regioni queste erano addirittura esaurite per alcune classi di concorso. A noi invece è stato concesso soltanto l’accesso alle Graduatorie di Istituto (GI) per ottenere supplenze annuali o temporanee.
Ingenuamente pensavamo che saremmo stati inseriti subito nelle GI, invece abbiamo dovuto aspettare ancora un anno, il 2014. Appena abilitata, maturo l’idea di trasferirmi nel Nord Italia e invio messe a disposizione (MAD) nelle varie scuole per evitare di perdere un ulteriore anno di lavoro. Cosí faccio la valigia e accetto una supplenza per maternità in provincia di Varese. Nel 2014 provo a rientrare in Sicilia e mi inserisco nelle Graduatorie di Istituto della mia provincia, selezionando dieci scuole. Ho la fortuna di lavorare per due anni consecutivi, ma sono costretta ad accontentarmi di spezzoni orari e incarichi in scuole paritarie.
Quest’anno esce a marzo il bando del nuovo concorso 2016, a cui partecipo con enormi sacrifici. Lavoro e studio contemporaneamente, cerco di prepararmi al meglio per la prova scritta del 9 maggio. Veniamo sottoposti a un esame assurdo che chiede di rispondere in lingua straniera a otto quesiti in 150 minuti, una corsa contro il tempo perché le domande richiedono di strutturare unità di apprendimento, percorsi disciplinari, questionari di autovalutazione. Il tutto in 15 minuti per ogni quesito.
A fine luglio ai piú fortunati – tra cui la sottoscritta – arriva la comunicazione di aver passato lo scritto. Restano solo 20 giorni di tempo per ripassare e rivedere il programma, con la stanchezza di un anno di lavoro alle spalle. Devo rinunciare alle vacanze, già prenotate. La mia prova orale è il giorno dopo ferragosto. Assurdo anche questo. Disdico e prenoto un altro viaggio e un altro hotel perché la mia classe di concorso è stata accorpata e devo andare a sostenere la prova in un’altra regione. Spendo una cifra notevole, è ferragosto e la sede del concorso è una località balneare dove ogni hotel è già stato prenotato. Supero anche la prova orale: sono idonea!
Dovrei gioire e invece resto con l’amaro in bocca. I posti a disposizione in Sicilia, per la mia classe di concorso, sono solo 11 piú il 10 per cento, non sono ancora uscite le graduatorie di merito ma capisco che non ho speranza di rientrare tra i vincitori, perché gli altri candidati sono piú anziani e quindi hanno piú titoli e piú anni di servizio… La mia colpa? Quella di essere giovane e aver fatto tutto nei tempi. Pazienza, almeno sono idonea. Non basta neanche questo! Perché ad oggi, la legge 107 dice che le graduatorie di merito avranno valenza triennale e riguarderanno solo i vincitori piú il 10 per cento. Quindi tu superi delle prove concorsuali e tutto ciò non ti vale niente? E non resti neanche nella graduatoria degli idonei? Non è mai successo per nessun concorso!
Sembrerebbe tutto, invece, i primi giorni di settembre gli Uffici scolastici regionali pubblicano le disponibilità per l’anno 2016/2017. Per alcune classi di concorso, tra cui la mia, risultano esserci zero disponibilitá. E i vincitori del concorso?! Non entrano di ruolo, semplice. Con le mobilitazioni, dopo il piano straordinario di assunzioni dello scorso anno, tutti i posti sono stati occupati. Ennesima assurdità.
Oggi io sono stanca e disillusa perché ho investito tutte le mie energie e i miei guadagni per cercare di arrivare alla meta, ovvero il lavoro che amo e in cui credo: insegnare. Sono profondamente demotivata perché so di non potere fare di piú di quello che ho già fatto. Ricapitolando: mi sono laureata in tempo con il massimo dei voti e la lode, ho studiato un anno all’estero, ho superato le selezioni e l’anno di tirocinio per ottenere l’abilitazione, mi sono trasferita al Nord per lavorare, ho superato un concorso a cattedra. Cionondimeno ho appena compiuto trent’anni e ad oggi non ho ancora nessuna certezza né possibilità di essere autonoma e indipendente. In cosa ho sbagliato io?
*L’autrice, Noemi Ficarra, ha 30 anni ed è un insegnante precaria di Caltanissetta.
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