Premio Martoglio tra letteratura e antimafia

Il Premio Letterario Internazionale Nino Martoglio è giunto ormai alla sua 25° edizione, ma quest’anno qualcosa ha reso più vivace e intenso lo spettacolo. Forse è stata la presenza della figlia di Leonardo Sciascia e quella del giornalista Attilio Bolzoni a dare spunto per alcune significative riflessioni sullo stato attuale della mafia in Sicilia. Il Premio Letterario, che si svolge ogni anno al Teatro “Nino Martoglio” di Belpasso, è nato grazie al lavoro di un assennato gruppo di donne, le socie del Circolo Femminile Culturale “Athena” e dalla sua nascita è cresciuto in importanza e popolarità.

Quando le viene chiesto se le denunce di suo padre avessero trovato riscontro a più di vent’anni dalla sua morte, Maria Sciascia afferma secca: «Secondo me, sì». La figlia del celebre scrittore e giornalista siciliano è stata premiata per il suo libro “Il gioco dei Padri” in cui racconta la condizione delle donne che si trovano a vivere a fianco di uomini come Sciascia e Pirandello, divisi tra l’amore per la letteratura e quello per le mogli e le figlie.

Il ricordo di Leonardo Sciascia precede l’ingresso del giornalista di La Repubblica Attilio Bolzoni che, nel corso della sua carriera, si è sempre occupato di mafia scrivendo libri di grande successo. Il volume per cui è stato premiato s’intitola “Faq Mafia”. Rivolto a un pubblico di ampio respiro, il libro si compone interamente di risposte e domande sul tema della mafia, la sua storia e gli intrecci con la politica.

La mafia di oggi, raccontata da Bolzoni, non è più quella delle lupare e delle coppole; è una mafia che si veste in giacca e cravatta: «Totò Riina è ormai preistoria, l’emblema di una mafia che non c’è più e che non tornerà», afferma Bolzoni. Una mafia del tutto scomparsa dunque? «No – risponde il giornalista – questo è quanto dicono da circa un anno e mezzo il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Interno Maroni. La mafia non è scomparsa, ha cambiato volto».

Un verità sulle trattative stato-mafia, continua Bolzoni, «non si troverà mai. Per quanto i nostri magistrati siano bravi, potranno emergere solo dei frammenti di verità. La storia che ci vogliono raccontare, cioè che questo gruppo di persone ha provocato 1500 morti in 16 mesi è incompleta. Hanno fatto tutto da soli? No. Sicuramente ci sono state, e ci sono ancora, forze dello Stato che non ci vogliono fare avvicinare alla verità. C’è un pezzo di Stato che commemora sempre i suoi eroi; e poi c’è un pezzo di Stato che, invece, lavora in senso contrario».

E, infine, sulle sue future ambizioni afferma: «Mi piacerebbe fare una cronaca su un Totò Riina che si pente e racconta di tutti gli amici che l’hanno appoggiato in questi anni, al di fuori di Cosa Nostra. Lo farei con molta passione e forse scriverei anche il mio pezzo migliore».

Il momento più vivace coincide con la premiazione di Vittorio Sgarbi che si è fatto notare, come di consueto, per la sua personalità colorita e irruenta. Il libro per il quale viene premiato s’intitola “Viaggio sentimentale” e ripercorre le meraviglie artistiche d’Italia da nord a sud, recuperando lo spirito del Grand Tour. Ma prima di parlare del suo libro, Sgarbi riprende il discorso sulla mafia di oggi: «Dice Bolzoni di voler incontrare Riina per sapere quanti al di fuori di Cosa Nostra l’hanno appoggiato. Ecco, io vorrei rispondergli come Pasolini: “Io lo so, io li conosco uno per uno.” Io so cos’è la mafia e lo sa anche lui! Non ho ancora sentito, tra quelli che parlano di antimafia, nessuno difendere il paesaggio siciliano distrutto da pale eoliche e fotovoltaico. Quelli che hanno convertito i loro affari in questi orrori, sono i miei nemici, li conosco uno per uno! Sono presidenti della regione, assessori. Sono ignoranti e assassini».

Una brava presentatrice, Flaminia Belfiore, si è trovata nelle condizioni di dover gestire l’esuberante figura di Sgarbi cercando di spostare, con non poco sforzo, il discorso su “ Un viaggio sentimentale” in cui il critico d’arte ha voluto «ripercorrere le meraviglie artistiche d’Italia che non sono ancora cadute tra le braccia del degrado».

Paola Roccella

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