Precari da più di 25 anni, la protesta dei dipendenti Asp «C’è la legge e ci sono i soldi, manca la volontà politica»

«Il decreto assessoriale garantisce lo stipendio al personale dell’Asp di Palermo da ben 29 anni. Alcuni di loro hanno cominciato la loro carriera lavorativa da precari e sono andati in pensione da precari, non hanno avuto il piacere di essere stati stabilizzati. È inconcepibile in una terra come la Sicilia e all’interno di un’azienda pubblica». Il paradosso lanciato da Vincenzo Munafò, segretario provinciale del sindacato Fials, racconta più di tante analisi l’eterno problema dei precari in Sicilia. Questa volta a protestare sono i 650 precari dell’Asp di Palermo, che chiedono la stabilizzazione da oltre 25 anni. 

Questa mattina almeno 150 persone si sono unite in un corteo che, partito da piazza Croci, è arrivato davanti la sede della prefettura. Bisogna fare presto: fino ad ora l’azienda sanitaria provinciale non ha presentato nè un contratto nè tantomeno ha discusso di un’eventuale proroga. E la scadenza del 31 dicembre è dietro l’angolo. «Se non interviene nessuno con l’anno nuovo rimarremo a casa – dice la lavoratrice Ivana Alagna – E il mutuo chi lo paga, le tasse chi li paga, i figli come li garantiamo? Qual è la soluzione? Quali sono le alternative per gente come noi a 50 e 60 anni?».

Per chi è in strada oggi il rammarico peggiore è che la soluzione, almeno secondo l’analisi del sindacato, sembra immediata. «C’è la legge, ci sono i soldi e noi siamo a mare, manca la volontà politica» sintetizza ancora Ivana Alagna. Il provvedimento in questione è la cosiddetta legge Madia, che in un articolo parla esplicitamente degli lsu (lavori socialmente utili) e dei precari all’interno delle pubbliche amministrazioni. I 650 precari che protestano sono quasi tutti amministrativi (esattamente coadiutori amministrativi esperti, sparsi per tutta la provincia) e svolgono attività definite dagli stessi vertici dell’azienda indispensabili. «Tra l’altro tutti gli altri contrattisti come noi sono stati tutti stabilizzati – aggiunge Ivana Alagna – penso al Comune o gli altri dipendenti Asp delle altre provincie. Tutti tranne noi, che evidentemente siamo figli di nessuno. Ma noi abbiamo famiglia, e senza lavoro non si può fare niente. Non possiamo essere trattati così».

Alla protesta si sono uniti i colleghi di Carini e di Lercara Friddi. «Non capisco qual è il motivo di questo stallo, o è un gioco politico o è l’azienda che se ne fotte di noi, questa è la realtà dei fatti» dice Francesco De Luca. «Chiediamo un tavolo di contrattazione – osserva Vincenzo Munafò – dove siano presenti tutte le parti sociali: la Regione e, speriamo, il nuovo direttore generale dell’Asp di Palermo. Perché noi vogliamo contrattare il nostro futuro. Chiediamo l’intervento del prefetto perché la nostra richiesta è soltanto quella di applicare una legge dello Stato. Non possiamo aspettare i tempi dei politici».

D’altra parte le relazioni tra l’Asp di Palermo e i sindacati da tempo non sono delle migliori. «Abbiamo interrotto le relazioni sindacali con Candela già dal mese di giugno, perché ha fatto un voltafaccia ai lavoratori – spiega il sindacalista –  Lui aveva dichiarato che con i soldi che già provengono dal servizio sanitario nazionale sarebbe stato in grado di stabilizzare tutti. Voleva semplicemente che l’assessorato concedesse l’autorizzazione, ma l’amministrazione attiva è l’Asp, non la Regione. Doveva decidere lui, insomma. E bastava riconvertire la somma che si spende per i lavoratori a tempo determinato per farli diventare a tempo indeterminato. La legge Madia glielo consente, tra l’altro». 

La proposta al momento arrivata dall’azienda è di indire bandi di concorso ad hoc per ogni anno, ma la scadenza della legge Madia è fine 2020 e in questo modo non si garantirà mai la stabilizzazione per tutti. E c’è di più, vale a dire l’ennesimo paradosso che rischia di creare invidia e rivalità tra precari. «Intanto continuano ad arrivare circolari dal governo per capire se le aziende sanitarie hanno bisogno di personale – continua Munafò – A Villa Sofia hanno risposto che hanno bisogno di 20 persone. E si sta dando la possibilità di accesso agli ex lavoratori Almaviva all’interno della pubblica amministrazione. Così creiamo precariato su precariato che non finisce mai. Con tutto il rispetto per la situazione di chi lavora nei call center, che sicuramente hanno diritto a un posto di lavoro, noi diciamo che prima vanno stabilizzati gli interni. E la colpa non è certo degli ex dipendenti Almaviva, ma di chi ha creato questi pasticci politici».

Andrea Turco

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