Posti di blocco, la denuncia di cittadino «Basta soprusi sulla gente onesta»

Il fermo del mezzo anziché la multa. Il modulo dei danni che non torna al proprietario. Decisioni diverse da quelle prescritte dal codice della strada. L’avvocato Egidio Guttadauro ricorrerà al giudice di pace per essere «tutelato dai soprusi delle forze dell’ordine che, invece di proteggerci, sembrano essere contro di noi». Sono le 17.30 quando il cittadino, 35 anni, viene fermato a bordo della sua motocicletta da un normale posto di blocco della polizia municipale all’incrocio tra via Libertà e piazza Mondini, a Palermo. «Stavo raggiungendo un possibile compratore della mia Triumph – racconta – quando, in prossimità del semaforo, vengo invitato da un agente ad accostarmi alla camionetta di servizio, dove mi attendevano altri cinque poliziotti municipali». All’uomo viene chiesto di mostrare la patente e il libretto della moto. «Tutto era in regola – afferma Egidio Guttadauro -, indossavo il casco, tenevo una velocità sotto 30 chilometri orari e, proprio perché in vendita, mi ero assicurato che la moto fosse in condizioni perfette». Agli agenti però il veicolo non risulta revisionato e contestano al ragazzo anche un’inclinazione della targa superiore a quella consentita dalla legge, misurandone la posizione con un «aggeggio di plastica che non credo fosse omologato». Il codice stradale prevede una sanzione e il fermo amministrativo per chi solleva verso l’alto la piastra della targa dei motocicli con lo scopo di rendere difficile, se non impossibile, la lettura del numero da parte degli autovelox. 

Gli agenti della municipale dispongono quindi il fermo del mezzo, che per tre mesi sarà bloccato nel deposito convenzionato vicino al comando di via Dogali, il parcheggio Provolizzi, al costo di dieci euro al giorno. «Impossibile da chiamare, i numeri sono inesistenti», spiega il cittadino. 

Guttadauro, avvocato, sa che il proprietario del mezzo ha il diritto di portarlo nel luogo che preferisce, per evitare di pagare trasporto e deposito. «Ho chiesto ai poliziotti di citarmi l’esatto articolo del codice della strada – racconta -. Hanno farfugliato stralci di leggi, nello sgomento di quattro testimoni con i quali leggevo sul cellulare le leggi per intero». Non potendo ribellarsi oltre, Guttadauro lascia la motocicletta in custodia degli agenti. La stessa sera, scopre dell’esistenza di alcuni «forum online frequentati da poliziotti, i quali si scambiano informazioni su come piazzare autovelox nascosti o come utilizzare un goniometro impreciso con cui calcolare l’inclinazione delle targhe». Impossibile dire se sia trattato anche del suo caso, ma la questione lo insospettisce. Così l’indomani telefona al comando della polizia municipale di via Dogali. «Mi è stato detto che ero in diritto di prelevare la mia motocicletta e che gli agenti avevano commesso un errore» spiega. Una volta al comando, però, la prima versione gli viene confermata tramite una circolare ministeriale. «In realtà, per legge, il fermo in deposito è disposto quando il conducente è minorenne oppure è un maggiorenne ubriaco, senza patente o sta commettendo altri reati», spiega Guttadauro. In un caso semplice come il suo, invece, il mezzo resta al proprietario. Un modo per far risparmiare lo stesso Stato, che invece «in questo modo anticipa gli oneri di trasporto e deposito, in attesa che il cittadino provveda».

«Ho mostrato loro le fotografie ufficiali di motociclette Triumph appena immatricolate – spiega Guttadauro -, la targa era nella posizione corretta. Pensano di fermare tutte le Triumph del mondo?». Oltre al danno, la beffa: «Nel compilare il modulo di fermo, gli agenti hanno spuntato tutte le caselle relative ai danni. Per fortuna ho fatto decine di foto al momento del verbale, la moto è immacolata – afferma -. Se me la restituiscono con un graffio, dovranno pagare». In ogni caso, per il cittadino, resta l’amarezza. «Se fossi stato un delinquente, magari non mi avrebbero neanche fermato. Perché i posti di blocco vengono dislocati in zone di Palermo assolutamente tranquille?». Dal comando di polizia municipale, replica il commissario Salvatore Romano: «I posti di blocco vengono disposti per controllare il territorio, decidiamo noi i luoghi». Sul caso specifico di Guttadauro, invece, il commissario non si sbilancia, non conoscendo i dettagli.

«Avrei potuto vantare un’amicizia all’interno del comando, ma io non ricorro a scorciatoie – continua l’avvocato – Andrò dal giudice di pace per presentare ricorso e chiedere la restituzione del mezzo, il rimborso delle spese e una sanzione disciplinare per questi sei personaggi». Guttadauro ha contattato anche l’ex commissario di polizia Luigi Ranieri, che recentemente ha denunciato diversi presunti abusi da parte della polizia municipale. «Mi darà una mano, è un sistema marcio», conclude.

Eugenia Nicolosi

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