Porto, tra degrado e assenza di servizi Micalizzi: «I pescatori vanno altrove»

«E’ emergenza vera, i pescatori non possono più continuare a lavorare nelle condizioni attuali sicché molti di loro hanno deciso di trasferire la propria attività a Malta, dove hanno ottenuto maggiori garanzie». A lanciare l’allarme è il presidente regionale dell’Associazione pescatori marittimi professionali Fabio Micalizzi, in occasione di una conferenza stampa congiunta con il movimento politico Italia Lavori in corso. Il porto di Catania è l’argomento attorno al quale si sono raccolti questa mattina – nell’area dominata dai grandi silos – una decina di pescatori che operano nel Golfo etneo. «Siamo circondati da container, transenne e cancelli, e non abbiamo nessun tipo di servizio o assistenza. Quello che sto vedendo adesso non l’ho mai visto in sessantacinque anni di professione peschereccia», racconta Santo Strano.

Pesca in crisi, carenza nelle misure di sicurezza e controllo, sovraffollamento dei pontili, assenza di cassonetti dei rifiuti, di servizi igienici, e di allacciamento alla pubblica fognatura per gli edifici presenti all’interno del porto di Catania. E non ci sono depositi per le reti da pesca e celle frigorifero. Sono tante le cose che mancano nella struttura portuale etnea e non sono solo le carenze a configurasi come un impedimento al normale lavoro dei pescatori. «Abbiamo un’emergenza ratti quotidiana e abbiamo motivo di pensare che in mare ci siano scarichi di rifiuti tossici che allontanano il pesce, procurando danni incredibili», afferma Micalizzi. A insospettire i pescatori il colore del mare «sempre più verde scuro, giallo o addirittura marrone». «E’ un’assurdità che una città a forte vocazione ittica e marittima come Catania porti in tavola dei suoi cittadini pesce che per il 70 per cento è di importazione estera», conclude il presidente dell’Associazione pescatori marittimi professionali.

Un porto in una condizione di caos generale con una grande necessità di misure di revisione nelle proprie funzioni e di riqualificazione nel proprio tessuto urbano. E’ questa l’idea della rappresentante del giovane progetto politico Italia lavori in corso, Serafina Sgroi. «L’amministrazione cittadina deve presto rendersi conto che ha il dovere di conservare e migliorare ciò che possiede attraverso politiche di sviluppo sensibili che non possono non interessate il porto etneo», afferma Sgroi. E puntualizza: «E’ necessario però che il Comune di Catania operi ascoltando le esigenze dei pescatori che sanno esattamente quello che non va all’interno della struttura».

A parlare della possibilità di affidare la guida dell’autorità portuale a Cosimo Indaco è Marcello Di Luise, esponente del Comitato cittadino Porto del Sole. «La sua funzione di persona con interessi nelle spedizioni doganali sarebbe in contrasto illegittimo con la carica ipotizzata all’interno dell’autorità portuale», spiega Di Luise. E continua: «Immagino che avrebbe tutto l’interesse a mantenere cataste di container e silos assolutamente vuoti per fornire al Ministero dei Trasporti l’immagine del porto di Catania come di un grande scalo mercantile». E questo intralcerebbe l’idea del porto etneo che hanno i pescatori che non hanno ancora ceduto all’idea di emigrare a Malta. «Quest’area è nata come spazio peschereccio e si è trasformata in una giostra di poltrone e di consulenze, circondata da tir, container inutilizzati e silos vuoti», conclude Micalizzi.

 

Cassandra Di Giacomo

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