Cronaca

La storia delle 5000 piante di pomodoro illegali a Ragusa. «Erano per uso domestico»

«Il contrasto alla contraffazione delle varietà vegetali protette è una battaglia difficile, ma necessaria per la salute pubblica, la sicurezza alimentare e l’economia». Ne sono convinti dall’Aib, l’ufficio che si occupa di lotta alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale sui materiali vegetali e che ha segnalato la strana vicenda avvenuta nel Ragusano. La titolare di un’azienda agricola locale, dopo avere regolarmente comprato 5000 piantine di pomodorini di varietà registrata da un noto produttore olandese, ne avrebbe illecitamente duplicate altre 5000 per talea. Così, dopo la segnalazione, le piante sono state sequestrate nel corso di un controllo da parte dei funzionari dell’Ispettorato centrale repressione frodi presso il ministero per l’Agricoltura (Icqrf) e degli ufficiali della forestale della Regione Siciliana.

Individuato il lotto irregolare, la notizia di reato è stata trasmessa alla procura di Ragusa che, convalidato il sequestro, ha iscritto l’imprenditrice nel registro degli indagati per il reato di fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale. L’indagata, pur ammettendo il fatto, si è difesa sostenendo di avere agito in buona fede, senza avere consapevolezza della gravità del reato e con l’unico fine di assicurare a sé e alla sua famiglia il pomodoro sufficiente alla produzione di salsa per uso domestico. In realtà, dalle 5000 piantine irregolari – se non fossero state sequestrate e distrutte – si sarebbero potute produrre circa 15 tonnellate di prodotto, da cui avrebbero potuto essere ricavate circa 3000 bottiglie di salsa.

È stato il pubblico ministero a disporre la distruzione delle piante ottenute dall’attività di duplicazione illecita e a chiedere poi al giudice per le indagini preliminari di archiviare il caso per «particolare tenuità». Una richiesta di archiviazione contro cui si oppongono sia il produttore olandese che l’Aib. «La responsabile – sostengono – era perfettamente consapevole dell’illecito commesso». Il gip ha accolto la richiesta del pm perché l’indagata era incensurata e anche per l’impossibilità di stimare l’entità del danno per il produttore. «È una decisione che rispettiamo, ma che non ci convince – afferma il managing director di Aib Bruxelles Ignacio Giacchi – Ci preoccupa l’impatto sul comparto economico. Riscontriamo a malincuore, in certe zone d’Italia, una persistente scarsa sensibilità su temi che, invece, sono di vitale importanza per un intero settore dell’economia nazionale. Pronunce come questa – continua – rischiano di veicolare un messaggio opposto, semplificatorio e pericolosissimo».

«La ragione della tutela comunitaria su determinate varietà, frutto dell’impegno scientifico di chi le ha perfezionate e brevettate, non è solo economica – continua Giacchi – Non dobbiamo dimenticare che la replicazione illegale attraverso il taleaggio facilita la diffusione di pericolosi virus che possono distruggere le coltivazioni professionali di intere aree. Questo tema è particolarmente importante per tutta la Sicilia che investe ogni anno ingenti sforzi per mantenere la competitività. C’è anche il problema relativo alla tutela della salute dei consumatori. Quando una pianta viene riprodotta illegalmente, è sconosciuta al sistema fitosanitario nazionale, da qui la mancanza di tutte le tutele sul prodotto finale e sulle modalità di produzione per il consumatore». E poi, c’è da considerare che chi riproduce illegalmente svolge concorrenza sleale verso i coltivatori che utilizzano materiale originale. «Gli Stati che non si preoccupano di fare rispettare i diritti sulle varietà vegetali rischiano di lasciare i propri agricoltori senza nuove varietà che possano resistere alle sfide del cambiamento climatico. Le autorità – conclude – devono rendersi conto che la protezione delle varietà vegetali è una questione di sicurezza alimentare».

Redazione

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