Non ci sono abbastanza kit di laboratorio per l’analisi dei tamponi, quindi meglio rimandare i test previsti su chi, dopo essere rientrato dal Nord, sta finendo il periodo di quarantena. A dirlo è il comitato tecnico scientifico di cui si avvale il governo Musumeci. Il parere porta la data dell’1 aprile ma è stato inviato alle aziende sanitarie provinciali nelle ultime ore.
Il documento arriva mentre alcune Asp hanno già iniziato a effettuare i tamponi su chi è rientrato. Un’organizzazione che in diverse città – dal Catanese al Palermitano – prevede di svolgere il test rapidamente senza far scendere il soggetto dalla macchina (in modalità drive-in). E che non è chiaro se a questo punto andrà avanti con la stessa impostazione e con gli stessi tempi. Ad alimentare la confusione contribuisce il fatto che alle Asp è arrivato finora – via mail – il parere del comitato, ma manca un atto firmato dall’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza.
«Quel documento è vecchio di alcuni giorni e non è detto che tutti i pareri del comitato si trasformino in provvedimenti – spiega lo stesso Razza a MeridioNews – Al momento i tamponi ai rientrati andranno avanti, nel frattempo però stiamo valutando una serie di novità emerse negli ultimi giorni. Dobbiamo tenere conto dei recenti pareri scientifici dell’Istituto superiore di sanità che ha liberalizzato undici test diversi da quelli del tampone. Certamente a breve adegueremo alcune delle nostre decisioni, adottando anche i test rapidi e quelli sierologici».
Quella delle alternative ai tamponi è dunque materia in continuo divenire. Ma intanto il parere del comitato tecnico scientifico arrivato tra ieri e oggi alle Asp, rischia di generare confusione. A sollecitare i medici sul tema dei test ai rientrati dal Nord dopo il 14 marzo (una platea di 15mila persone) era stato il dipartimento per le Attività sanitarie della Regione. L’obbligo del tampone per questi soggetti è dettato dall’ordinanza del presidente Musumeci del 20 marzo. Ma cosa fare alla luce della «carenza dei kit di laboratorio» e di tempi di attesa «di non meno di dieci giorni, nella migliore delle ipotesi» per avere i risultati? È possibile una deroga?
La richiesta è arrivata via chat il 31 marzo al direttore del comitato tecnico scientifico, l’organo da cui passa ogni decisione del governo Musumeci in tema sanitario. La risposta del giorno dopo ha aperto due scenari: a chi nei 14 giorni di isolamento a casa ha mostrato sintomi, il tampone va fatto necessariamente; per coloro che invece nelle due settimane hanno dimostrato di godere di buona salute, la quarantena può essere interrotta anche senza tampone. Il comitato ricorda infatti che l’Organizzazione mondiale della sanità, in caso di carenza di sufficienti kit, raccomanda di dare la priorità agli «operatori sanitari sintomatici che hanno avuto contatti con soggetti Covid» e ai «casi sospetti che richiedono l’ammissione in strutture sanitarie, indipendentemente dalla severità».
Il comitato tecnico scientifico quindi suggerisce di derogare all’ordinanza «stante la necessità di preservare le scorte per un razionale utilizzo come da raccomandazioni internazionali e nazionali». E in più consiglia l’esame sul sangue per verificare il dosaggio degli anticorpi. Fronte che, stando a quanto detto da Razza, potrebbe anche allargarsi ad altre tipologie di test.
Ma a questo punto si aggiunge un tassello. Chi non verrà sottoposto a tampone, suggerisce il comitato, dovrebbe sottoscrivere «un modulo di consenso informato», in cui sarà il diretto interessato a prendersi la responsabilità dell’interruzione della quarantena. Nel modulo, scrive il comitato, bisogna sottolineare «chiaramente la carenza dei reagenti per l’analisi dei tamponi e del conseguente ritardo nella consegna dei risultati» e, di conseguenza, che la quarantena «viene interrotta sulla base delle dichiarazioni circa l’assenza di sintomi e di buona salute durante i 14 giorni». La persona dovrebbe anche dichiarare di essere stato informata della «possibilità di attendere il risultato del tampone e, nelle more, di prolungare il periodo di isolamento, e quali siano le motivazioni (lavoro, assistenza di un familiare disabile ecc..) che lo costringono alternativamente a interrompere lo stato di isolamento».
In pratica sarebbe il soggetto in quarantena, come si legge nel modulo allegato al parere che è stato inviato a tutte le Asp, a chiedere «di interrompere il periodo di quarantena e di isolamento domiciliare».
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