Cronaca

Indici Pnrr, la Sicilia e i ritardi nella gestione dell’acqua. Tra dati indisponibili e «deboli progressi»

Un en plein della vergogna. Era l’ottobre del 2021 quando la Regione Siciliana incassava una sonora bocciatura con l’esclusione dai fondi del Pnrr di 32 progetti per il miglioramento della gestione delle risorse idriche nell’Isola. Passati oltre 500 giorni, è possibile tornare sull’argomento con l’ultima relazione della Corte dei conti sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quasi 400 pagine in cui viene dato molto spazio al piano di riassetto della governance del servizio idrico. Un riordino già divenuto realtà in quasi tutte le Regioni italiane per mettere fine alla frammentazione nella gestione di una risorsa fondamentale ma sempre più carente.

Tra chi non ha ancora raggiunto il traguardo, oltre alla Sicilia, ci sono Lazio, Campania e Calabria. «Il procrastinarsi di inerzie e inadempienze da parte di alcune pubbliche amministrazioni – si legge nel documento della Corte dei conti – ha condotto al permanere di una forte frammentazione gestionale a discapito della presenza di gestioni operanti con logiche industriali». Il processo di riordino vede la Sicilia dover fare ancora i conti con l’operatività a livello provinciale di sei Ambiti territoriali ottimali: quelli di Palermo, Catania, Messina, Ragusa, Trapani e Siracusa. Nel complesso, sul territorio nazionale, si contano oltre 800 gestioni cessate per legge che tuttavia continuano a «esercitare il servizio idrico in mancanza di un titolo valido». In Sicilia, stando alle tabelle della Corte dei conti, ci sono 106 gestori. Di questi 69 sono conformi mentre 36 rientrano nella categoria «cessati per legge».

La situazione nell’Isola è da bollino nero se si prendono in considerazione i numeri relativi alle perdite delle rete acquedottistiche. In Sicilia, a causa di «una gestione comunale non conferme», bisogna addirittura fare i conti con «l’indisponibilità di dati» e persistenti interruzioni del servizio di fornitura. Secondo i dati Istat, sono 11 i capoluoghi di provincia in Italia che nel 2020 hanno subito degli stop nelle forniture di acqua potabile. Tra questi, sette sono città siciliane: Trapani, Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Catania, Ragusa ed Enna. Tuttavia, nell’ambito del Pnrr sono stati selezionati 124 progetti su tutto il territorio nazionale per un valore complessivo di due miliardi di euro. Il 50 per cento di questi interventi andrà a 53 progetti che si collocano al Sud e nelle Isole. Per la Sicilia, stando alla tabella allegata alla relazione della Corte dei conti, sono previsti 239 milioni di euro. Davanti c’è solo la Campania con 251 milioni di euro. In conclusione, riguardo lo stato del servizio idrico, «ai progressi delle Regioni del Centro-Nord si sono accompagnati solo deboli progressi in talune realtà del Mezzogiorno, e segnatamente in Campania, Molise, Calabria e Sicilia».

Dario De Luca

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