Sono scadute ieri sera le 48 ore dello stato di emergenza scattato subito dopo larrivo di un barcone di migranti nelle coste catanesi, ma la situazione è ancora lontana dall’essere risolta. Alcuni sono stati trasferiti al cara di Mineo, altri sono scappati e alcune famiglie siriane, che non sono state identificate, dormono nella scuola Andrea Doria. «Ma dalla questura e dalla prefettura non sanno bene che pesci pigliare per gestirli», denuncia Matteo Iannitti del gruppo formato da Rete antirazzista, Catania bene comune, Experia, Arci e Osservatorio su Catania che sin dallinizio ha cercato di aiutare i migranti.
Una situazione difficile che grava soprattutto sulle spalle dei più piccoli e deboli. È il caso di Ad Hamed, sedicenne ricoverato all’ospedale Vittorio Emanuele con una grave frattura del bacino. Avrebbe bisogno di un’operazione, ma devono prima essere espletate alcune procedure burocratiche. Perché lintervento possa essere eseguito, data la sua minore età, serve lautorizzazione di un legale rappresentante. I genitori in genere, o in questo caso particolare un tutore nominato dalla questura. A distanza di due giorni, però, non solo non risulta nessun tutore nominato ma il ragazzo non è neanche stato identificato. «Abbiamo più o meno capito la sua storia, ma ufficialmente è registrato come sconosciuto fanno sapere dall’ospedale Il ragazzo ha una brutta frattura, ma è stazionario. Lo opereremo non appena ultimati gli accertamenti necessari», concludono. «Lo hanno registrato come sconosciuto profugo numero 10 racconta Iannitti ma è solo un ragazzo, tanto che il suo primo pensiero è stato alla mamma, voleva farle sapere che è ancora vivo».
E solitudine e assenza di mediazione sembrano le carenze a cui devono fare fronte anche i profughi ospitati nella scuola Doria. «A due giorni dal loro arrivo non cè ancora nessuna mediazione culturale se non quella offerta da noi e non ci sono dei responsabili della salute di queste persone», continua Iannitti. A scuola mancherebbero quindi interpreti e traduttori che possano aiutare i migranti siriani ad esprimersi, ma anche medici per verificarne le condizioni fisiche dopo i molti giorni in mare. «Le ambulanze fanno la spola in caso di bisogno, ma se dentro la scuola non cè nessuno che parla larabo come fanno a capire?», si domanda.
Un primo approccio con traduttori e medici volontari delle associazioni cittadine è stato fatto sia nei giorni scorsi che ieri mattina, «ma da ieri le cose sono cambiate, non ci fanno più entrare e adesso sono soli», afferma ancora Iannitti. «Verso le 15.30 è arrivato un interprete delle prefettura, ma sappiamo solo che poi è andato via», continua. La rete di volontari etnei lamenta anche lassenza delle organizzazioni per i rifugiati. «Ci avevano assicurato che entro oggi sarebbero arrivati rappresentanti dellOnu e del Cir, ma fino al pomeriggio inoltrato non si era ancora visto nessuno», dichiara Matteo Iannitti. Gli unici autorizzati a stare dentro e che intrattengono i bambini, circa una decina, sono i volontari della Croce rossa.
Diversi in questi giorni, i catanesi accorsi per offrire il proprio aiuto o semplicemente per dimostrare la loro solidarietà, che si sono ritrovati fuori dalla scuola. Ma anche un particolare gruppo delle forze speciali si è fatto notare: lantiterrorismo. «Che cosa stesse a fare il nucleo antiterrorismo di pronto impiego, qualunque cosa sia, attorno ad una scuola che ospita donne, bambini e nuclei familiari provenienti dalla Siria non è dato sapere ma possiamo intuirlo: Siriani = Arabi = Terroristi. Logico no?», scrive su Facebook Massimo Malerba, sindacalista della Cgil, che ha scattato la foto. Non solo. Malerba racconta di come una ragazza «appoggiata ad un’auto a pochi metri dalla scuola, che almeno apparentemente, incarta una sigaretta» sia stata accusata, da uno di questi uomini, «di voler favorire, con la sua presenza alquanto sospetta, la fuga dei migranti terroristi». Una situazione chiarita dallo stesso Malerba, ma che in qualche modo racconta la tensione di questi momenti. Tensione che, data anche la calura del periodo, potrebbe essere mitigata con un bagno a mare, secondo il sindacalista: «Caro addetto all’antiterrorismo di pronto impiego ma vatti a fare un tuffo va».
[Foto di Massimo Malerba]
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