Pistacchio, Bronte piange e Raffadali si candida al Dop «Nostro prodotto unico, è un’annata ricca e di qualità»

Non tutto il pistacchio siciliano ha patito i danni causati dalla siccità. Se a Bronte, in provincia di Catania, i produttori hanno denunciato la caduta prematura a causa delle poche piogge – secondo le prime stime, la resa è stata abbattuta del 60 per cento – e il primo cittadino Graziano Calanna ha chiesto alla Regione lo stato di calamità naturale, diversa è la situazione a Raffadali, in provincia di Agrigento.

«Nelle nostre zone non abbiamo avuto problemi di siccità. A causa delle alte temperature registrate a fine agosto, siamo stati costretti ad anticipare la raccolta ma ciò non ha intaccato la qualità e l’abbondante produttività del frutto». A parlare è Carmelo Bruno, agronomo dell’Associazione per la tutela pistacchio di Raffadali, nata un anno fa e che oggi comprende 80 soci tra produttori, aziende di trasformazione e commercianti. «Scopo della nostra associazione – spiega – è raggiungere il marchio Dop per valorizzare al meglio il prodotto e il territorio in cui cresce. Con la terza edizione della festa del pistacchio, dal 22 al 24 settembre, miriamo a promuovere le eccellenze agroalimentari che utilizzano il pistacchio».

L’oro verde di Raffadali riscontra una grande approvazione non solo nel mercato interno, ma anche all’estero. «Viene esportato in Francia, Germania, New York», sottolinea Bruno. E una novità riguarda anche il mercato sudcoreano. «È previsto per domani l’arrivo di una delegazione che registrerà un reality in uno dei nostri pistacchieti – rivela l’agronomo -. I partecipanti si cimenteranno nella raccolta del pistacchio e nella preparazione di prodotti culinari». Tornando alla redditività del frutto, è ancora presto capire a quanto lo si venderà. «Il prezzo varia in base all’andamento del mercato – dichiara -. Quest’anno la qualità del prodotto è buona, quindi i prezzi saranno differenti. Lo scorso anno, il pistacchio con guscio costava sui 14 euro al chilo, mentre quello sgusciato intorno ai 29 euro».

Nonostante quello di Bronte sia più rinomato, il pistacchio di Raffadali continua a farsi conoscere. «C’è un rinnovato interesse nella gastronomia, pasticceria e, persino, nel settore farmaceutico – assicura Bruno -. Un’azienda farmaceutica, nostra associata, sta portando avanti un progetto di estrazione degli oli che possiedono proprietà benefiche, emollienti e rinfrescanti». Alla domanda su quale sia il migliore tra il pistacchio di Bronte e quello di Raffadali risponde: «Quello etneo cresce su terreni di origine vulcanica e in condizioni climatiche diverse dalle nostre – spiega Bruno -. Il nostro, invece, è coltivato su suoli calcarei e argillosi ed è influenzato di un clima meno rigido. Queste combinazioni pedoclimatiche conferiscono al prodotto caratteristiche organolettiche che definirei diverse, non migliori».

Anche Marcello Di Franco, il presidente del pistacchio della Valle del Platani, che comprende tra gli associati anche Raffadali, afferma che la siccità non è stato un problema per i produttori. «La calura estiva non ha provocato danni perché era entrato, ormai, nella fase di maturazione. Stiamo ultimando la raccolta, ma posso affermare che anche quest’anno abbiamo un prodotto di qualità». L’associazione, nata sei anni fa, copre tutto il territorio della Valle del Platani. I 45 associati ricadono nei comuni di Agrigento, Alessandria della Rocca, Casteltermini, Cianciana, Raffadali, San Biagio Platani, San Giovanni Gemini, Santa Elisabetta, Sant’Angelo Muxaro e Santo Stefano Quisquina. Il segreto del successo del pistacchio della Valle del Platani si deve ai produttori che sono soliti coltivare le loro piante con metodi tradizionali tramandati da generazioni. «Lungo la valle del fiume Platani – spiega Franco – si trovano esemplari ultra millenari, che ancora oggi danno linfa ai nuovi impianti e tramite l’impollinatore maschile riconosciuto con il nome di santangilisi viene garantita la produzione annua».

Anche il pistacchio della Valle del Platani, come quello di Raffadali, valica i confini nazionali. «L’80 per cento è destinato all’Italia, mentre all’estero lo esportiamo in Germania e Belgio e, tre anni fa, anche in Cina. Quest’anno – anticipa – il prezzo di mercato si aggirerà sui 35,50 euro per il prodotto sgusciato e 13,50 euro su quello con guscio». Anche per Di Franco è inutile parlare di rivalità con il pistacchio di Bronte. «Sono due prodotti di qualità che hanno caratteristiche diverse. Il nostro presenta un’oleosità maggiore, un colore più intenso, una forma più allungata e particolari proprietà organolettiche». Ma una specialità c’è: «Uno studio condotto dall’Università di Palermo ha dimostrato che il pistacchio della Valle del Platani è l’unico al mondo ad avere l’acido palmitoleico, fondamentale per la salute del nostro organismo».

Concetta Purrazza

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