I fatti degli ultimi giorni, con riferimento alle piogge torrenziali che hanno colpito per la seconda volta in due anni la provincia di Messina, impongono una riflessione. Questo giornale, davanti allennesina catastrofe che ha seminato morte e disperazione in un angolo della Sicilia noto da decenni per problemi di dissesto idrogeologico, ha posto un paio di questioni. Cerchiamo di riassumerle.
La natura non sempre è controllabile. Una pioggia intensa, di 400-500 millimetri, concentrata in unarea già a rischio idrogeologico, produce inevitabili danni. Però se – come del caso del Messinese – si sa che la zona è a rischio, la prevenzione qualcosa può fare. Specie se esiste da ben due anni uno studio – stiamo parlando del Pai, sigla che sta per Piano di assetto idrogeologico della Sicilia – che mette in chiara evidenza i punti dolenti di una porzione di territorio.
Nel caso di Barcellona Pozzo di Gotto, per citare un esempio emblematico, i rischi di un allagamento venivano segnalati sia dal Pai, sia dal Piano regolatore della città (Prg) approvato sette-otto anni fa. Nonostante questi avvertimenti la città si è allagata lo stesso, proprio nei punti individuati dal Pai e dal Prg.
Sarebbe ingiusto, però, prendersela solo che gli amministratori comunali. Che, soprattutto negli ultimi anni, sono alle prese con problemi finanziari enormi. Le responsabilità, quelle vere, stanno a monte. E sono dei vertici politici e burocratici della Regione siciliana.
Come abbiamo più volte sottolineato, se è vero che, a livello nazionale, le risorse finanziarie per fronteggiare il diffuso dissesto idrogeologico presente nel nostro Paese sono irrisorie, non è così in Sicilia. Dove, dal 2007, sono disponibili ingenti somme che, purtroppo, non sono state utilizzate. Denaro che rischia di tornare nei forzieri di Bruxelles. Si tratta di cifre impressionanti: 11 miliardi di euro e rotti (considerando anche il cofinanziamento di Stato e Regione).
Una fetta consistente di questi fondi è destinata proprio alla tutela dellambiente. Se queste risorse fossero state impiegate con profitto, oggi, nella provincia di Messina, oggi non conteremmo i morti e i danni.
Il discorso, in realtà, non riguarda solo i fondi europei destinati alla tutela dellambiente, ma tutto lo stanziamento comunitario che, dal 2007, giace in larghissima parte inutilizzato. Perché? Di chi sono le responsabilità? Ci si rende conto che il mancato impiego di questi fondi, oltre ad aver bruciato nuove occasioni di lavoro per centinaia di migliaia di giovani siciliani, ha di fatto impedito alla provincia di Messina di fronteggiare meglio linclemenza delle piogge?
Quello che, in questa sede, preme sottolineare è una stranezza. In tre anni (lasciamo per ora fuori lattuale anno, cioè il 2011, perché ancora in corso) a noi risulta che tutti i dirigenti generali della Regione siciliana, almeno sulla carta, avrebbero raggiunto gli obiettivi fissati. Di conseguenza, tutti hanno incassato le premialità previste nel caso di raggiungimento di tali obiettivi.
Rispetto a quello che è avvenuto con i fondi europei, a rigor di logica, delle due luna: o la corretta spesa dei fondi europei non rientra tra gli obiettivi dellalta burocrazia regionale (e questo a noi sembra assurdo, ma non impossibile, visto che siamo in Sicilia…), o i dirigenti generali, rispetto alla spesa dei fondi europei, si sono messi in tasca le premialità senza avere raggiunto gli obiettivi.
Noi crediamo che, su questo punto, debba essere fatta chiarezza. Possibilmente in tempi brevi. Possibilmente prima che gli alti burocrati della Regione si autoassegnino le premialità del 2011. Questo è un altro punto dolente che andrebbe affrontato, una buona volta e per tutte: chi è che verifica e certifica il raggiungimento degli obiettivi dellalta dirigenza generale? E chi lo ha verificato e certificato in questi ultimi tre anni aveva chiaro il quadro amministrativo rispetto alla mancata spesa dei fondi europei?
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