Pint of science ’19, la scienza alla barra del bar Spazio anche al contributo della Fisica all’arte

Farsi un goccetto aiuta a capire la scienza? Gli studenti alle prese con incomprensibili equazioni se lo saranno chiesto di certo. Adesso, se non una risposta, arriva per lo meno l’assoluzione: si può fare. E si fa, da oggi al 22 maggio, con A pint of science, iniziativa di divulgazione scientifica internazionale che ha l’obiettivo di avvicinare la scienza ai cittadini, in maniera decisamente non accademica: nei pub di tutta Italia, compresa Catania, i cittadini potranno incontrare gli scienziati e discutere con loro davanti a un boccale di birra.
Basterà l’atmosfera informale per vincere le ritrosie dei più accaniti umanisti? Forse potrebbe aiutare sapere che oggi, giorno di apertura dell’evento,
oltre a Isabella Pagano, direttrice dell’Osservatorio astrofisico di Catania (al Joyce Irish pub dalle 20.30), ci sarà anche modo di discutere di arte (in contemporanea, nel locale Mr. Hyde) con Paolo Romano, ricercatore del Cnr-Ibam, responsabile del laboratorio Landis ai Laboratori nazionali del Sud dell’istituto nazionale di Fisica nucleare.

In che misura è possibile conciliare arte e scienza? Dato che la scienza non può intervenire sul grado di apprezzamento (come ci aspettavamo) non rimangono che studio, cura e custodia. Le opere d’arte sono per natura suscettibili a deperimento e danneggiamento, senza contare che, soprattutto nel caso di reperti antichi, non sono necessariamente noti età, materiali utilizzati, storia della conservazione e altro ancora. Nel caso di pitture o dipinti, per esempio, la situazione è ancora più critica a causa dell’utilizzo di materiale organico o della presenza di diversi strati di colore sulla tela. Giusto per citare un male indipendente dal passato, non bisogna dimenticare l’esposizione agli agenti inquinanti e alle metodologie di analisi: le tecniche comunemente adottate per ottenere le suddette informazioni prevedono ad esempio il prelievo di campioni e lo spostamento dell’oggetto di studio, problematica logistica cruciale se si pensa di trasportare oggetti molto antichi, ingombranti o fragili. Se infine consideriamo che comunque qualunque opera è un pezzo unico, allora è meglio augurarci di non rinvenire più reperti e dimenticare le opere che amiamo, giacché anche la loro cura si basa sulle informazioni di cui sopra.

Fortunatamente, però, non è necessario eclissare l’amore per l’arte perché entra in gioco la scienza: le conoscenze e le tecniche tipiche del campo della fisica applicata hanno dimostrato di essere molto meno invasive di quelle tradizionali e per questo decisamente utili. In generale, si può dire che grazie alla spettrometria è possibile intervenire efficacemente su diagnostica, datazione, restauro e caratterizzazione. Questa possibilità comprende le opere di qualunque epoca e, di conseguenza, rappresenta una considerevole risorsa che la comunità scientifica locale non si è lasciata scappare. I gruppi di ricercatori afferenti a diversi dipartimenti dell’ateneo di Catania lavorano in prima linea allo scopo di sviluppare sia i metodi che la strumentazione.

Un esempio? Se spostare un’opera è poco pratico, la questione di certo non si risolve se lo strumento innovativo è ancora più ingombrate e delicato. Di conseguenza, costruire uno strumento che sia adeguato ed economicamente abbordabile non è un lavoro né semplice né scontato. Appare ora chiaro come anche problematiche apparentemente noiose o poco rilevanti possano invece costituire delle sfide stimolanti e di rilievo. Anche quando proprio non ci si aspetta di vedere degli scienziati appassionarsi all’arte egizia.

Vera Pecorino

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