Piera Aiello, testimone di giustizia e cognata di Rita Atria, è ancora una volta in pericolo. La donna – che grazie alla sua testimonianza ha permesso tra gli altri al giudice Paolo Borsellino di avviare una serie di inchieste su alcune famiglie mafiose della zona del Belice – aveva faticosamente ricostruito una piccola bolla di serenità dopo anni di peregrinazioni, ingiurie e situazioni al limite del paradosso.
Quella bolla che proteggeva Piera e la sua nuova famiglia da 18 anni è esplosa pochi giorni fa.
«La faticosa copertura che ha consentito a Piera di ricostruire in questi anni una sua vita di relazione in località segreta, è saltata per la sprovvedutezza (e vogliamo sperare non sia per collusione con gli interessi dei suoi potenziali attentatori, sta allo Stato accertare questa eventualità scellerata) di due uomini dell’Arma dei Carabinieri, che presumibilmente hanno consentito che le famiglie mafiose denunciate da Piera Aiello venissero a conoscenza della sua attuale collocazione territoriale». Con queste parole – su espressa volontà della stessa Aiello – l’associazione Rita Atria rende pubblica la notizia.
Nel frattempo, secondo l’Associazione, dalle istituzioni nulla è arrivato se non un fragoroso silenzio. «Ad oggi, martedì 14 aprile (la relazione dell’accaduto è avvenuta tra domenica 5 e lunedì 6), nessuna notizia. Piera Aiello lasciata nel limbo dell’incertezza senza che nessun esponente dello Stato abbia sentito il dovere di fare una telefonata di conforto. Anche se quella telefonata dovesse arrivare un secondo dopo la diramazione del nostro comunicato ci sembrerebbe tardiva».
Lo Stato non è mai stato molto protettivo nei confronti di una sua esponente così coraggiosa, una donna in grado di caricarsi sulle spalle un fardello di questo genere: «Non possiamo nascondere l’ennesima delusione e l’ennesimo senso di abbandono da parte di quello Stato sempre presente ad onorare i morti e sempre più assente nello stare accanto a chi oggi resiste da vivo».
Piera Aiello ha inviato anche una lettera al Presidente della Repubblica (che verrà pubblicata prossimamente) nella quale si ribadiscono la fiducia nelle Istituzioni e l’affetto nei confronti di chi l’ha protetta in questi lunghi anni, ma nella quale si chiede un intervento esemplare e severo «per difendere la propria dignità istituzionale contro i responsabili di un simile scempio».
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