Immobili, sotto il palazzo della prefettura in via Etnea, per solidarietà ai manifestanti di piazza Taksim, a Istanbul, che da settimane subiscono una durissima repressione. «E’ un flash mob, lo stesso che hanno già fatto in Turchia. Per esprimere solidarietà al popolo turco, protestiamo come loro», spiega Massimo Malerba, sindacalista Cgil che «via web, senza nemmeno un comunicato a La Sicilia», specifica, ha chiamato a raccolta un centinaio di persone, tra liberi cittadini, esponenti di partiti e avvocati. Questi ultimi si sono presentati in toga, per la seconda volta dopo un’altra manifestazione sulle scale del palazzo di giustizia, per ricordare i colleghi arrestati in piazza in Turchia nell’esercizio della loro professione.
«Siamo proprio qui, sotto questo palazzo, per chiedere al governo di intervenire, di prendere posizione affinché si rispettino i diritti dei manifestanti», spiega Malerba. In piedi, per cinque minuti senza dire una parola, tra i manifestanti è rappresentata quasi tutta la sinistra catanese, dagli esponenti dell’ex centro popolare occupato Experia, fino agli esponenti di partito (Sel, Pd, qualche M5s). In piazza anche i giovani che, poche settimane fa, sono stati protagonisti dell’avventura di Catania bene comune. Tengono in mano una bandiera del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan che rivendica l’indipendenza dalla Turchia, esposta proprio accanto a quella della patria di Ataturk. «La bandiera del Kurdistan è qui con noi come in qualsiasi altra nostra manifestazione. Ci sembrava giusto soprattutto oggi che si esprime solidarietà al popolo turco», commenta Matteo Iannitti, candidato a sindaco di Catania bene comune alle scorse elezioni comunali.
«La rivolta in corso a Istanbul parte da un nuovo concetto di cittadinanza. Non è solo solidarietà formale: le rivolte del popolo turco sono molto vicine alle nostre battaglie sul territorio come quella contro il Muos o la lotta per l’acqua pubblica», spiega Iannitti. Che evidenzia anche un punto di divergenza con gli altri manifestanti. «Noi non vogliamo chiedere nessun intervento al governo. Ci teniamo a dirlo, perché ogni volta che la comunità internazionale ha messo il cappello sulle proteste si è intervenuti con l’esercito», commenta il giovane politico.
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