Erano abituati malissimo i petrolieri che sbarcavano in Sicilia a caccia di oro nero (e di gas). Liberi di agire, liberi di distruggere, senza neanche corrispondere una royalty degna di questo nome alla Regione. Adesso la musica è cambiata, e si arrabbiano. Abituati come sono alla corrispondenza di amorosi sensi con i gli ascari siciliani che gli hanno sempre reso facile la vita, non si aspettavano che un giorno, dall’Assemblea regionale siciliana, saltasse fuori una norma che rivede al rialzo il conto.
E’ successo con l’emendamento del Movimento 5 Stelle, approvato con la manovra Finanziaria, che ha portato le royalties (ovvero provvigioni dalla aziende petrolifere da impiegare in opere pubbliche) dal 10 al 20%. Resta sempre poco rispetto ai profitti che loro traggono dalle attività estrattive in Sicilia, ed è sempre poco se commisurato ai danni che fanno, ma è già qualcosa. Troppo per loro.
Alla Sicilia solo l’inquinamento e una manciata di lenticchie , così andava bene. Un ‘sogno spezzato’ con l’articolo 13 della Finanziaria, voluto dai 15 parlamentari M5S:
1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 per le produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi e di gas diversi dagli idrocarburi, ottenute nel territorio della Regione, laliquota di prodotto che il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente è elevata al 20 per cento” si legge nel documento economico. E ancora: “Per le produzioni ottenute a decorrere dall1 gennaio 2013 per ciascuna concessione di coltivazione, il valore dellaliquota, calcolato ai sensi del comma 1, è corrisposto per un terzo alla Regione e per due terzi ai Comuni nei cui territori ricade il giacimento. I Comuni destinano tali risorse allo sviluppo delloccupazione e delle attività economiche, allincremento industriale e ad interventi di miglioramento ambientale delle aree dove si svolgono le ricerche e le coltivazioni.
Insomma, cominciano a pagare anche i petrolieri. Una boccata di ossigeno per la Regione e per i Comuni. Una boccata d’ossigeno per la Sicilia che desta sorpresa e preoccupazione negli operatori impegnati nella ricerca e coltivazione di idrocarburi. “Il provvedimento – si legge in una nota di Assomineraria – mette a rischio di fermata tutta la produzione delle risorse energetiche di proprietà dell’isola e puo’ portare ad una progressiva paralisi degli investimenti con pesanti conseguenze sulle imprese locali che oggi occupano oltre 2000 persone”.
E poi, si danno i numeri:” In Sicilia, le royalties per la sola attivita’ di coltivazione di idrocarburi a terra sono state, nel 2012, di circa 27 milioni di euro, al quale si aggiungono circa 125 milioni di imposte sul reddito convogliate direttamente alle casse della Regione”. La parte più divertente è questa: “Complessivamente, la valorizzazione delle risorse siciliane – sviluppate da 50 anni in assenza di rischi e in sintonia con il patrimonio sociale e territoriale – genera oltre 150 milioni di euro l’anno di fiscalità diretta che resta nell’Isola, alla quale si aggiunge quella dell’indotto”. Di quale sintonia parlano? E di che numeri?
Insomma, a sentire Assomineraria, siamo rovinati. A sentire invece chi ha proposto l’emendamento e chi lo ha sostenuto “il raddoppio delle royalties e l’eliminazione della franchigia porteranno al raddoppio delle entrate per la Sicilia, che passeranno dagli attuali quasi 19 milioni di euro a circa 38 milioni”.
Per ogni singola concessione era prevista una franchigia annua per le prime 20 mila tonnellate in terraferma (50 mila offshore). Questo assai generoso sistema di contribuzione ha fatto sì che in Sicilia, a fronte di 974 mila tonnellate di petrolio estratto, sono state pagate royalties per soli 19 milioni di euro (dati ricavati dal Rapporto energia 2011 Assessorato Regionale dellEnergia). Per rendere evidenti le dimensioni delle condizioni di favore fatte alle bisognose compagnie, tenete presente che per 100 litri di benzina, ognuno di noi, tra imposte ed accise, paga circa 100 euro allo Stato, mentre le compagnie petrolifere pagavano soltanto 1,95 euro per ogni quintale di petrolio.
Insomma erano abituate così bene che un ‘tradimento’ del genere, proprio non se lo aspettavano…
E siamo solo all’inzio. La Sicilia aspetta ancora il riconoscimento delle accise sulla raffinazione. Qui si produce oltre il 50% delle benzine utilizzate nel Paese. Qui si devasta l’Ambiente. Ma, le accise vanno a Roma. In contrasto con lo Statuto siciliano che, fino a prova contraria, è parte della Costituzione.
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