Pestarono 64enne che poi morì, 30 mesi di volontariato Legale: «Come Manduria? Qui non c’era alcun bullismo»

Per due anni e mezzo faranno volontariato in un centro che fornisce assistenza a persona con disturbi psichici. Nel frattempo continueranno la propria vita: uno proseguendo a lavorare, l’altro completando gli studi professionali. Questa la decisione presa ieri dalla presidente del tribunale dei minori di Catania Alessandra Chierego nei confronti dei due giovani accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Angelo Partenza, 64enne deceduto a inizio febbraio 2017, dopo che circa due settimane prima era stato colpito nella piazzetta antistante la chiesa di Santa Maria, a Modica. La messa alla prova dei due imputati – uno dei quali nel frattempo è diventato maggiorenne – di fatto sospende l’iter processuale e, a meno di comportamenti in contrasto con le prescrizioni, porterà all’estinzione del reato.

Il pronunciamento della giudice è stato accolto con disappunto dai familiari della vittima, che, oltre a ritenere inadeguata la misura nei confronti dei giovani, si soffermano sulla presunta reazione d’entusiasmo che avrebbe coinvolto non solo gli imputati ma anche i loro legali: «Hanno avuto la faccia tosta di congratularsi tra loro e con i loro avvocati, battendo il cinque come si usa tra i calciatori nel corso d’una partita di calcio, dopo un goal. Nessuno ha mostrato di essersi pentito e nessuno ha chiesto scusa a nessuno», dichiara il cognato di Partenza, Vincenzo Di Martino Russo, in una nota dello studio stragiudiziale 3A. Per i parenti, quanto accaduto al 64enne sarebbe molto simile a ciò che è successo a Manduria, il centro in provincia di Taranto finito al centro della cronaca per gli atti di bullismo di un gruppo di ragazzi nei confronti di un 61enne, poi deceduto in ospedale.

A rimandare al mittente le accuse è Francesco Biazzo, legale di uno dei due imputati. Per l’avvocato il paragone tra i fatti di Modica e quelli di Manduria sarebbe forzato. «Nel caso del signor Partenza non esiste alcun fenomeno di bullismo, ricostruire così la vicenda significa distaccarsi dalla verità – commenta il legale a MeridioNews -. Non ci sono prove che dimostrino che l’uomo fosse vittima di angherie da parte dei ragazzi». Per la difesa il convincimento è che quanto accaduto a metà gennaio di due anni fa sia stato un episodio isolato, frutto peraltro di una reazione. «I pugni, forse uno o due, ci sono stati ma dopo che Partenza si era avvicinato con fare aggressivo ai giovani, provando anche a colpirli – prosegue Biazzo -. Una reazione, quella dei giovani, assolutamente sbagliata e di cui si sono pentiti, ma che non è segno di alcuna forma di bullismo. La verità – sostiene l’avvocato – è che i rapporti tra Partenza e il vicinato (uno dei due imputati abita vicino all’abitazione in cui viveva la vittima, ndr) non erano dei migliori anche per i comportamenti dell’uomo, che era solito liberare i propri cani». Sull’accusa di avere esultato davanti al giudice: «Non è accaduto nulla di tutto ciò, non so come i familiari di Partenza possano affermarlo. Ma né io né il mio collega e neanche i parenti dei due ragazzi ci siamo lasciati andare a gesti che nulla hanno a che fare con il rispetto delle istituzioni».

Tornando ai fatti al centro del processo, la perizia del medico legale Giuseppe Iuvara ha accertato la correlazione tra le percosse subite da Partenza e l’emorragia che, due settimane dopo all’aggressione, ha portato al decesso. Al riguardo, però, la difesa ha specificato come la morte si sarebbe potuta evitare se l’uomo si fosse rivolto a uno specialista, dopo che il pronto soccorso aveva diagnosticato la frattura della mandibola. «Gli era stato raccomandato di tenere sotto osservazione il versamento e l’ematoma causato dalla frattura, ma così non è stato», afferma Biazzo. Un ragionamento che i parenti del 64enne non accettano e che hanno annunciato di volere riportare in tv il caso.

Il giorno in cui si presentò davanti ai carabinieri per denunciare l’aggressione, Partenza mise a verbale: «Insieme al suo gruppo di amici – dichiarò l’uomo facendo riferimento al giovane che abitava vicino casa sua – mi infastidiscono, ingiuriandomi e prendendomi in giro. Tale situazione dura da cinque anni, pertanto ho dovuto modificare le mie abitudini».

Simone Olivelli

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