Perquisizioni a 25 fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro Blitz nel Trapanese, arrestato vertice della famiglia di Mazara

Perquisizioni all’alba a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Custonaci. I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno fatto irruzione a casa di 25 persone, ritenuti fiancheggiatori e favoreggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro. All’opera ci sono duecento militari coordinati da Procura distrettuale antimafia di Palermo che hanno perquisito abitazioni, proprietà rurali ed esercizi commerciali, sequestrando due pistole, documenti e apparecchiature informatiche per le telecomunicazioni. L’operazione è stata denominata Eris

A partire dal 2015 le indagini si sono concentrate sul mandamento mafioso di Mazara del Vallo e di Castelvetrano e in particolare su Matteo Tamburello, ritenuto esponente di spicco della famiglia di Mazara e arrestato stamattina con le accuse di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale. Già nell’operazione Anno Zero erano infatti emersi contatti e interlocuzioni tra Tamurello e Gaspare Como, uno dei cogati di Messina Denaro, finito in manette ad aprile.

È così emerso l’interesse che Tamburello avrebbe avuto nei lavori per l’ampliamento di un parco eolico in territorio di Mazara, attraverso la palificazione di nuovi aereo generatori. Business che avrebbe gestito direttamente e grazie alla collaborazione di un imprenditore mazarese, stamattina oggetto di perquisizione. «Tale attività – sottolineano i carabinieri – rappresentava per Tamburello l’occasione per poter ripartire e costituiva un vero e proprio programma di infiltrazione mafiosa in uno degli affari più importanti degli ultimi anni sul territorio siciliano ed in particolare trapanese».

Matteo Tamburello – figlio di Salvatore (già autorevole esponente del mandamento fino alla sua morte nell’agosto del 2017) – era stato scarcerato nel novembre del 2015 dopo aver scontato la pena per aver diretto, in qualità di reggente, la famiglia mazarese di Cosa nostra fino al 2006; alla scarcerazione Tamburello è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Mazara dove aveva ottenuto un’occupazione in una cava di calcarenite.

Le indagini del Ros avrebbero però accertato che in quella cava non era un semplice lavoratore, ma di fatto socio occulto e che l’attività era stata avviata grazie a somme di denaro reperite presso terzi esclusivamente in virtù della autorevolezza (mafiosa) di cui godeva Tamburello. Quest’ultimo, tornato operativo, avrebbe nuovamente acquisito un ruolo di rilievo intrattenendo incontri riservati con esponenti di primo livello della medesima consorteria: Vito Gondola, reggente del mandamento mafioso mazarese e morto a luglio del 2017; Antonino Cuttone, storico affiliato alla famiglia mazarese e consigliere economico di Mariano Agate; Raffaele Urso, pure lui arrestato nell’operazione AnnoZero poiché ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara; e Dario Messina che lo incontrava dopo essersi visto poco prima col cognato di Messina Denaro, Gaspare Como, all’epoca reggente del mandamento di Castelvetrano. 

Ulteriori elementi a carico di Tamburello sono emersi indagando sull’imprenditore Fabrizio Vinci, ritenuto affiliato alla famigliadi Mazara del Vallo, tratto in arresto a maggio del 2017 dal Ros nell’ambito della indagine Visir. Vinci avrebbe sostenuto economicamente Tamburello quando era detenuto, acquistando da quest’ultimo un bene strumentale a prezzo fortemente maggiorato. I due si sarebbero incontrati più volte nella cava e dopo l’arresto di Vinci, Tamburello si sarebbe interessato per sostenere economicamente la famiglia dell’imprenditore.

Redazione

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