Sono stato fra quelli che, da tempo, auspicavano una svolta nel segno della serietà che, tradotta in termini semplici, significa responsabilità nei comportamenti, soprattutto in un momento difficile come quello che da qualche anno attraversa l’economia mondiale. Proprio per questo motivo auspicavo una guida tecnica che consentisse al Paese di uscire dalle secche della crisi. Ho quindi apprezzato la scelta di Mario Monti e del suo esecutivo considerandolo l’unico in grado di affrontare i gravi problemi del Paese e di riconquistare quella credibilità internazionale che negli ultimi tempi si era alquanto indebolita.
Il risultato dell’azione intrapresa da Monti in questi oltre tredici mesi e la scelta di “salire” in politica, mi spingono ad alcune riflessioni che sottopongo al lettore, mettendo da parte le sciocchezze che circolano circa disegni complottistici o circa supervisioni di poteri occulti.
Sul piano della credibilità internazionale, a meno di essere in malafede, nessuno può mettere in dubbio che l’Italia abbia riconquistato i livelli più alti e perfino abbia superato le più rosee aspettative. Le politiche del nostro Governo e le potenzialità del Paese sono state apprezzate ed esaltate ai più alti livelli. L’Italia è, infatti, tornata ad essere un interlocutore a livello europeo ma, anche, a livello internazionale.
Sul piano economico e finanziario, anche qui bisogna essere in malafede per non riconoscerlo, c’è stato un raffreddamento del processo speculativo e una maggiore fiducia nelle potenzialità del nostro Paese. Sono state, inoltre, impostate alcune riforme, necessarie all’ammodernamento del sistema Italia che in anni passati non erano riuscite ad essere varate per la resistenza di interessi corporativi o, vecchio vizio italiano, per la prevalenza del particolare sul generale.
Tutto questo, nonostante le critiche strumentali, va a merito del governo Monti. Resta chiaro che Monti ha adottato le politiche di rigore perché la situazione economica del Paese non lasciava spazio ad alternative praticabili. In questo senso il giudizio, a mio parere, non può che essere positivo.
Detto questo, la critica che mi sento di fare è sul modo in cui queste politiche sono state perseguite. Monti ha avuto il demerito di essere stato debole o indeciso su strade che avrebbero potuto portare al risultato senza appesantire il carico fiscale che, lo dobbiamo riconoscere, è solo parzialmente compatibile con la ripresa. Piuttosto che accrescere il carico d’imposte avrebbe fatto bene, infatti, a lavorare sul versante della spesa, molta della quale improduttiva e, sicuramente, insostenibile per il nostro Paese.
Avrebbe, ancora, dovuto operare sul lato delle riforme, disboscando le barriere amministrative che sono fattori decisivi per la realizzazione di uno Stato efficiente ed al servizio dei cittadini. Avrebbe, ancora, dovuto impegnarsi per accelerare il processo di liberalizzazione ma, anche se qualche piccolo passo su questo fronte l’ha fatto, si è mosso con estrema cautela. Infine, avrebbe dovuto ridimensionare i costi della politica che assumono caratteri patologici nella nostra Italia.
Sul piano politico, poi, avrei preferito che restasse neutrale che, chiusa la fase del risanamento, facesse un passo indietro piuttosto che lasciarsi irretire nella rete di vecchi personaggi della politica protesi solo a sopravvivere o a rampanti che cercavano un soggetto idoneo a introdurli nella grande scena della politica.
In pratica, Monti fa la figura della scialuppa di salvataggio di chi, in Parlamento, in sua assenza, non sarebbe potuto rientrare. Mi ha, infatti, molto deluso la composizione delle liste in Sicilia. Liste che presentano nomi e personaggi che, sicuramente, non rappresentano la qualità e la novità di una coalizione che ha la presunzione di rappresentare un modo diverso di fare politica nel nostro Paese.
Proprio questi motivi mi spingono, nonostante la ribadita simpatia per l’uomo, a non votare la coalizione Monti.
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