Perché l’emorragia di radio locali non si ferma Ferrini: «Si sopravvive solo avendo un’identità»

Il rischio di passare per nostalgici è dietro l’angolo, eppure il problema esiste e prenderlo sottogamba non è la soluzione. Perché la crisi delle radio locali non andrebbe considerata solo la condanna alla sparizione di una nicchia, bensì soprattutto un’altra faccia della crisi più ampia del pluralismo dell’informazione. Chiudono le radio – l’ultimo storico marchio che si è estinto, a Catania, è Radio Delfino – così come lo fanno i giornali e le piccole tv. Tutte vittime di un mercato che pare più in rapida evoluzione che in sparizione, segnato comunque dal calo del pubblico e, ancor di più pesantemente, della pubblicità. Ma è proprio nelle difficoltà che dovrebbe prevalere la giusta intuizione, la novità che unisca talento e risposte a domande sempre presenti, solo diverse da quelle del passato. Ne è convinto Ubaldo Ferrini, decano della radiofonia etnea, raggiunto da MeridioNews per provare a capire che succede. 

«Se non ti differenzi, non c’è partita con i grandi network nazionali», dice il dj. Il ragionamento di una voce assai popolare in città gira intorno a quest’idea. Difficile che le notti al microfono degli anni Ottanta e Novanta tornino a spopolare, eppure, da quel tempo, qualche utile indicazione può arrivare anche per la radio nel nuovo millennio. «Le radio locali spariscono perché non assolvono più al loro compito», dice Ferrini. Cioè informare e intrattenere, ma con idee originali: «Altrimenti il prodotto, senza identità, non può emergere, gli ascoltatori sceglieranno sempre le radio più note e più grandi». Vista così la questione, ecco che la fuga di ascoltatori e inserzionisti diventa la conseguenza e non più la causa del problema. Certo, la concorrenza è spietata: «La crisi delle radio mi ricorda la fine dei piccoli negozi schiacciati dai centri commerciali. Di tutto ciò Catania è un esempio lampante – aggiunge Ferrini – ma questo però non significa che in città non ci siano più storie e realtà da poter raccontare con qualità».

Ecco che, allora, proprio dal momento più buio emergono esempi di modelli local vincenti: «Penso a Radio radio, seguitissima a Roma e diventata di rilievo nazionale perché fa informazione alla maniera di Radio 24 – spiega Ferrini – oppure a Radionorba, emittente pugliese cresciuta fino a diventare riferimento per almeno in tutto il sud, aprendo redazioni in varie città». Porte chiude all’omologazione sulla falsariga delle radio commerciali, senza però cadere nel vintage a ogni costo oppure, ancora peggio, nel rimpianto delle radio libere. I casi richiamati dall’indimenticato speaker di Radio Luna e Radio Delfino portano anche all’altro elemento cruciale: «Il valore delle persone. Serve gente che ci crede in ogni progetto, la spinta per sopravvivere viene da lì», conclude Ferrini. 

Francesco Vasta

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