Perché il Teatro Massimo Bellini rischia di chiudere Il mega taglio regionale da due milioni «sarà la fine»

Ultimo taglio al Bellini. Ha il segno meno l’ultimo emendamento in commissione Cultura dell’Assemblea regionale siciliana. Presentata dal governo la scorsa settimana, il giorno dopo l’audizione dei sovrintendenti, la modifica alla Finanziaria 2018 prevede un mega taglio di oltre 80 milioni di euro. Due di questi vengono decurtati al Teatro Massimo Bellini di Catania che, già da tempo, non naviga in buone acque. «Questo è il colpo finale che ne decreterà la chiusura», è l’allarme lanciato da tutte le sigle sindacali che si occupano dell’ente culturale etneo. Le riduzioni rispetto agli stanziamenti previsti dall’ultima legge di stabilità riguardano tutti i teatri siciliani, le istituzioni culturali, il Fondo unico per lo spettacolo (Furs), l’Ente per il diritto allo studio universitario (Ersu), ma anche i centri antiviolenza, i consultori, e i fondi per le vittime della criminalità e delle estorsioni. Adesso la palla passa alla commissione Bilancio. 

Calcolatrice alla mano. Fra le disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018 della legge di stabilità regionale, che prevede gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2018-2020 e che è stata approvata lo scorso 13 febbraio con una deliberazione della giunta regionale, c’è anche la voce «contributo annuo a favore dell’ente autonomo regionale Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania». Cioè 13 milioni 490mila euro per il 2018, 11 milioni 993mila e 850 euro per il 2019 e la stessa identica cifra anche per il 2020. Questo però, prima che la tabella fosse ulteriormente modificata. È in quella aggiornata per l’anno 2018, infatti, che prima della cifra di 2.031.337,91 euro spunta il segno meno. All’ente culturale etneo restano: 11.458.662,1 euro

Teatro decapitato«Un duro colpo che certamente sarebbe fatale per il Bellini», commenta a MeridioNews il segretario della Fistel Cisl, Antonio D’Amico. «Loro li chiamano tagli lineari ma questo ente etneo, che pure in percentuale si vedrebbe decurtata la stessa somma di altri teatri siciliani, ne pagherebbe conseguenze peggiori perché riceve solo fondi regionali». Nel bilancio triennale del vecchio governo, il contributo regionale aveva già subito un taglio di oltre il 30 per cento: da quasi 13 milioni si era passati a circa nove. Bisogna considerare che solo per coprire gli stipendi delle circa 250 persone che, a vario titolo, lavorano per il teatro sono necessari oltre 13 milioni di euro l’anno. «Questo, dunque, non è un semplice taglio alla cultura – lamenta D’Amico – ma è una azione che uccide completamente il teatro etneo e crea, di conseguenza, numerosi licenziamenti a catena perché non sarà possibile proseguire le attività istituzionali lirico-sinfoniche con le risorse destinate». Già dall’inizio di quest’anno le sigle sindacali avevano denunciato un allarme «che è stato a lungo sottovalutato a causa dell’apparente tranquillità: in otto anni i fondi sono stati ridotti del 50 per cento», spiegano insieme Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uil-Com, Ugl-Spettacolo, Fials e Libersind. 

L’allarme rosso. Da qui, l’impossibilità di programmare in modo adeguato la stagione lirica e sinfonica, il blocco delle assunzioni, la pianta organica dimezzata, le condizioni di precariato delle masse artistiche e tecniche, l’emorragia degli abbonamenti, la mancanza di figure apicali come il direttore amministrativo, il direttore tecnico e il direttore degli allestimenti scenici. «Quest’ultima soprattutto – spiegano i sindacati – è la causa che non permette al personale amministrativo il normale svolgimento delle ordinarie procedure fra cui, per esempio il pagamento degli artisti ospiti che, oramai spesso, si rifiutano di ritornare perché hanno accumulato troppi ritardi nei pagamenti precedenti». Quest’ultima sforbiciata, adesso, mette le sigle sindacali in allarme rosso. «Per noi è come una grossa mannaia – commenta D’Amico – anche se, nonostante la crisi il teatro cerca di andare avanti con una produzione eccellente e con spettacoli che fanno sold out. Siamo offesi dalle parole del presidente della Regione, Nello Musumeci, che in una dichiarazione infelice ha parlato di “precedenti periodi di vacche grasse per i teatri siciliani” che, invece, sono allo stremo. Adesso – conclude – chiediamo al sindaco di Catania Enzo Bianco (che è anche presidente del consiglio di amministrazione del teatro lirico etneo, ndr) e al sovrintendente Roberto Grossi di riconsegnarci le chiavi del Teatro Bellini perché siamo stanchi di belle parole e facili promesse che non sono seguite da investimenti concreti».

Belle parole. «La Regione reintegri il taglio, di circa due milioni di euro, che paralizzerebbe completamente l’attività del Bellini e porterebbe al blocco della stagione con l’impossibilità di pagare gli stipendi e con il rischio della chiusura: lo chiediamo al presidente Nello Musumeci e a tutte le forze politiche e lotteremo con ogni mezzo affinché l’impegno venga mantenuto». È questo l’appello che arriva da Enzo Bianco, in veste di sindaco di Catania e di presidente del teatro lirico. Consapevole che «il taglio provocherebbe grave conseguenze sul turismo e lascerebbe molti dipendenti pubblici senza stipendio», anche perché a differenza di altri teatri siciliani, il Massimo Bellini non ha finanziamenti statali ma solo regionali non godendo dello status di ente lirico nazionale. «Ancora una volta – sottolinea Bianco in una nota – Catania paga lo scotto per essere l’unica grande città italiana non capoluogo di Regione. E l’Ars, pur alle prese con un una situazione di indubbia sofferenza finanziaria, deve riflettere sull’assoluta necessità di garantire alle istituzioni culturali almeno la sopravvivenza». Eppure, come fanno notare anche i segretari delle sigle sindacali in prima linea nella difesa dell’ente etneo, «oltre alle belle parole fissate in un comunicato, da Bianco non abbiamo sentito intenzioni di investimenti economici».

Facili promesse. «Il Bellini, come tutti gli altri importanti teatri dell’Isola, continuerà a essere una priorità nelle politiche culturali del mio governo». È questa la promessa del presidente, Nello Musumeci. «Ma è bene che si sappia – tiene a puntualizzare in un comunicato – che la Regione che abbiamo ereditato, purtroppo, non ha più le risorse finanziarie che nel passato hanno consentito utili investimenti, ma anche vergognosi sprechi e disarmanti clientele». Il governatore regionale parla dell’intenzione di una «riforma del settore per un modello diverso di teatro». Intanto, però, «i dolorosi ma indispensabili tagli operati sul Bellini – ribadisce Musumeci – saranno rivisti in aula in sede di esame del Bilancio, per tentare di recuperare le somme essenziali. Per il futuro il teatro Massimo non deve più accontentarsi di sopravvivere, ma di fiorire e svilupparsi». 

Marta Silvestre

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