Perché i ‘signori’ politici vogliono arrestare i giornalisti

“E’ solo una provocazione”, si giustifica il leader della Lega, Roberto Maroni, nel commentare l’emendamento, approvato ieri dal Senato, che ha introdotto il carcere per i giornalisti. Per la cronaca, tanto per gradire, l’emendamento è stato presentato dai leghisti ma, nel segreto dell’urna, è stato votato a maggioranza. Quindi dalla maggioranza dei parlamentari del Senato.

Di fatto, è un segnale a tutti i giornalisti del nostro Paese da parte di una classe politica che definire sputtanata è poco. E’ quella classe politica, per intendersi, che da mesi non riesca a trovare uno straccio di accordo per cambiare la legge elettorale, il cosiddetto Porcellum. La legge che consente ai capi della vecchia partitocrazia italiana di trasformare in parlamentari di camera dei deputati e Senato della Repubblica i propri ‘camerieri’. (foto a sinistra tratta da  sirdrake.tv)

Da mesi il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sprona le forze politiche presenti in Parlamento ad approvare la riforma elettorale. ‘Loro’ – big politici e parlamentari – si impegnano: ma non riescono a trovare un ‘accordo’. Forse perché non hanno voglia di cambiare il ‘Porcellum’. Che, alla fine, fa comodo un po’ a tutti: ai ‘camerieri’ per diventare o per farsi ri-nominare parlamentari; ai ai ‘capi’ dei vecchi Partiti politici che puntano ad un’altra legislatura con i ‘camerieri’ a disposizione.

Ma, legge elettorale a parte, il messaggio che la politica italiana ha inviato al mondo del giornalismo italiano è veramente brutto. Della serie, comportatevi bene sennò vi sbattiamo veramente in galera!

La verità è che il nostro ordinamento non facilita l’attività dei giornalisti. Non è così negli Stati Uniti d’America. Questo perché da quella parti la libertà di stampa è una cosa seria.

Negli States se un giornale se la prende con un libero cittadino, scrivendo cose non esatte, viene letteralmente massacrato dalla Giustizia. Perché chiunque, prima di scrivere un rigo su un cittadino americano, deve avere le prove di quello che dice.

Completamente diverso il discorso se le critiche, o le accuse, vengono rivolte a un uomo pubblico: per esempio, un uomo politico. In questo caso il giornalista, anche se sbaglia, non viene perseguito dalla Legge. A meno che – cosa molti difficile – l’uomo pubblico non riesca a dimostrare la ‘malizia’ del giornalista.

L’ordinamento americano, di fatto, considera il giornalista e, in generale, il giornalismo, al servizio della collettività. Quindi, se un giornalista attacca un uomo pubblico – per esempio, un politico – si dà per scontato che lo fa nell’interesse della collettività. E’ il politico che, poi, deve dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati. E deve farlo in tempi brevi, non potendo prendersela con il giornalista, a meno che, lo ripetiamo, non riesca a dimostrare la ‘malizia’ del giornalista che lo ha attaccato.

In Italia, invece, sono i giornalisti che, dopo aver attaccato un uomo pubblico, debbono dimostrare la veridicità di quello che hanno scritto. E, a prescindere da tutto, possono essere trascinati in giudizio, sia in sede penale, sia in sede civile.

Nel nostro sistema la querela, da parte degli uomini pubblici, soprattutto verso i piccoli giornali, funziona come atto di intimidazione. Vero è che sono poi i magistrati a decidere: ma a prima ‘botta’, quando arriva la querela, il giornalista sa che può essere aggredito in sede penale e in sede civile.

Ora questo sistema – che già è penalizzante per i giornalisti, che se svolgono correttamente il proprio lo fanno nell’interesse della collettività – non basta più alla politica, o meglio, alla vecchia politica del nostro Paese: da qui il dibattito, in corso da qualche mese, sui possibili arresti per i giornalisti ‘disobbedienti’. Da qui l’avvertimento di ieri.

Del resto, in un Paese dove governa il ‘Governo delle Banche’, dove le massonerie finanziarie fanno il bello e il cattivo tempo, dove si cedono all’Unione Europea (delle massonerie finanziarie e degli speculatori) quote sempre più consistenti di sovranità nazionale senza interpellare il popolo con i referendum, dove si cede la sovranità monetaria alla solita UE sempre senza passare per un referendum popolare, dove a comandare è un esecutivo – la Commissione Europea – espressione non del voto popolare, ma delle camarille massonico-finanziarie, insomma in un’Europa ‘Unita’ di tal fatta, in un’Italia di tal fatta non ci si deve stupire se la libertà di stampa si va riducendo. Semmai ci si dovrebbe stupire del contrario.

Redazione

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