Perché continuare a cumulare pensione e indennità parlamentare o di Governo?

 

Seguendo in questi giorni il dibattito politico in corso nel nostro Paese, notiamo il solito costume di disorientare i cittadini dando rilievo a questioni irrilevanti e fuorvianti ed omettendo, invece, di dare risalto a quelle rilevanti. Vengono in mente due questioni, ma se ne potrebbero portare ad esempio centinaia, che hanno entrambe genesi siciliane.

La prima riguarda il neopresidente del Senato, Piero Grasso, la seconda l’assessore al Lavoro della Regione siciliana, Ester Bonafede. Ebbene, in questi giorni assistiamo a un esercizio u po’ pittoresco ovvero se ridurre l’indennità del 30 o del 50%. Al contempo in Sicilia facciamo i conti con una reale impossibilità a redigere il bilancio in quanto sembra oramai improponibile appostare capitoli e voci di entrata oggettivamente inesigibili ed incerte congiuntamente a delle spese che non possono trovare copertura finanziaria.

Nei dettagli – con riferimento al taglio delle indennità – parliamo di questioni secondarie e non primarie. Perché non si affronta il problema dell’incompatibilità assoluta tra indennità parlamentare per cariche di governo e pensioni? Resta un mistero che non ci sia nessuno che porti avanti una questione così semplice e di assoluta correttezza istituzionale e di etica sociale.

Se la pensione viene inquadrata come strumento di sostentamento per quando si cessa dall’attività lavorativa, qual è la ratio per la quale chi viene eletto deputato o senatore non debba avere congelato l’assegno pensionistico? Il problema non è Grasso, ma tutti coloro che beneficiano di questa iniqua pratica.

I cittadini normali vorrebbero che un deputato o senatore optasse per l’indennità o la pensione a seconda di quale sia più favorevole. Che senso ha cumulare una pensione di 7.600 euro nette al mese con anche il 50% dell’indennità parlamentare?

I giuristi direbbero che la natura giuridica dell’indennità non è assimilabile alla retribuzione, pertanto perfettamente compatibili. Viene in mente l’escamotage del finanziamento ai partiti camuffato da rimborso elettorale. Gli Italiani detestano essere presi in giro ed essere considerati fessi.

La seconda vicenda riguarda l’assessore regionale al Lavoro, Ester Bonafede, che accumula l’indennità annua da assessore di circa 190 mila euro con quella di sovrintendente dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, 120 mila euro all’anno circa. La prima avuta grazie all’attuale Presidente della Regione, la seconda grazie al precedente Presidente della Regione.

Ripetiamo: sono solo due esempi. Viene in mente il collocamento a riposo da parte di Lamberto Dini pochi giorni prima, se non il giorno prima, dell’entrata in vigore della legge n. 335/95 la cosiddetta riforma Dini che ha stravolto il sistema di calcolo della pensione. E perché non guardiamo agli svuotamenti dei conti correnti da parte di chi stava lavorando ed era a conoscenza poco prima del prelievo forzoso fatto in Italia nel 1992? E perché non affrontare il problema di chi accumula vitalizi della Regione, della Camera, del Senato senza avere toccata la pensione, in quanto gli anni di mandato parlamentare vengono computati come se realmente lavorati?

Ci sono soggetti che percepiscono pensioni di dirigenti o consiglieri di Stato pur avendo fatto pochissimi anni di servizio. E perché oggi non rivedere la riforma della dirigenza pubblica fatta agli inizi degli anni ‘90 che ha visto schizzare alle stelle, in maniera a volte indecente, le retribuzioni dei dirigenti? E’ ancora ammissibile non prevedere nel pubblico impiego, proprio perché pubblico, una forbice che non può essere superiore a cinque volte la differenza tra la retribuzione più bassa e quella più alta?

Prima del 1993 un dirigente apicale prendeva il 30% in più di un funzionario apicale. Era poco? Bene. Il 500% potrebbe essere sufficiente, non pensate? Basta, l’Italia ha bisogno di chiarezza, trasparenza, giustizia, ma quella vera non quella di certe norme che vede condannare un disperato che ruba 10 scatolette di tonno al supermercato. Il tonno serve per mangiare e mangiare è una necessità. Non esiste, fore, l’istituto della non imputabilità o non punibilità per stato di necessità? Più necessità di sfamare se stesso e i propri figli quale vi può essere? Senza mangiare si mette a repentaglio la vita.

Oggi è in corso una rivoluzione silenziosa, ma pur sempre una rivoluzione. Non si può più accettare di sentire dire che il tetto alle pensioni d’oro ignorato da Monti è impraticabile in quanto illegittimo.

Certo, ma chi dichiara l’illegittimità? I giudici della Corte dei Conti che, automaticamente, vedrebbero decurtate le proprie pensioni al raggiungimento dell’età pensionabile. E’ sin troppo ovvio.

Ebbene, nelle rivoluzioni vere è il popolo sovrano che adotta le regole e non le svariate caste. Se queste non capiscono che la rivoluzione da silenziosa si può trasformare in qualcos’altro il Paese non uscirà dalla crisi. L’1% della popolazione nel mondo detiene il 99% della ricchezza. Questo non è più sostenibile, né eticamente, né cristianamente. Siamo al capolinea. Oggi abbiamo un Papa che metterà al centro dell’agenda la diseguaglianza sociale ed abbiamo un Presidente della maggiore potenza mondiale che ha a cuore questi temi. Parliamo di Obama. L’Italia deve darsi una mossa se non vogliamo che la situazione esca fuori controllo e prima che sia troppo tardi, altrimenti saranno gli affamati e i disoccupati a dire se portare le pensioni massime a 5000 euro è illegittimo o meno.

 

 

 

 

 

 

 

Redazione

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