Campus universitario al posto dell’ospedale Monastra: «Via anche il Santo Bambino»

Enzo Bianco ha calato il primo jolly. Entusiasma l’idea di trasformare l’ospedale Vittorio Emanuele, prossimo alla dismissione con il conseguente trasferimento al nuovo San Marco, in campus universitario denominato Montevergine, dalla collina su cui sorge. Non solo i politici – nelle ultime ore sono piovute lodi da un gruppo di giovani del Pd e da alcune associazioni studentesche – ma anche chi alla riqualificazione del quartiere Antico Corso ha dedicato studi, tempo e impegno. «È un’idea molto positiva ed è la prima volta che la sento dire da un uomo politico», afferma l’ingegnere Alfio Monastra, oggi membro dell’associazione Italia Nostra, ma a metà anni ’80 tra i responsabili della commissione di studio sull’Antico Corso voluta dall’allora assessore all’urbanistica Giuseppe Giarrizzo. (In realtà anche Nuccio Condorelli, del Pdl, aveva fatto una proposta simile tre anni fa ndr).

«Mentre si procedeva al restauro del Monastero dei Benedettini – raccontava già quattro anni fa Monastra a Step1 –  Giarrizzo si rese conto che il Comune avrebbe dovuto e potuto estendere la riqualificazione. Quando finimmo, però, lui non era più assessore, perché l’amministrazione durò meno di un anno e il progetto svanì». Bianco nei giorni scorsi ha parlato di una «ristrutturazione leggera dei padiglioni da adibire ad alloggi per studenti», ma anche di «aule studio, biblioteca, mensa, punti di aggregazione come palestra e bar ristorante». Il tutto da realizzare in project financing con la collaborazione dei privati. L’idea di dismettere l’ospedale Vittorio Emanuele, che copre un’area di 330mila metri quadrati, nasce vent’anni fa, quando viene presa la decisione di costruire il San Marco, che dovrebbe essere pronto nel 2014. L’idea di un campus universitario invece era stata proposta da Monastra e dai suoi colleghi negli anni ‘80 a proposito di un’altra struttura ospedaliera che sorge in quell’area, il Santo Bambino.

«Non avevamo esteso l’indagine al Vittorio perché era impensabile in quel momento dismetterlo», sottolinea l’ingegnere che loda l’iniziativa da più punti di vista. «Per prima cosa – spiega – allontanerebbe altre prospettive come la cessione della struttura con l’intento di fare cassa. Il campus universitario potrebbe avere possibili compartecipazioni di privati che ne trarrebbero un giusto beneficio economico, ma è assolutamente coerente sotto il profilo storico e urbanistico con il contesto, a partire dall’attiguo monastero». Le due strutture oggi sono legate dal ponte realizzato a metà ‘700 da Francesco Battaglia (nella foto) e che oggi rimane nascosto e non percorribile dalla cittadinanza. D’altronde, ricorda Monastra, «a Catania siamo abituati a project financing per finalità pessime, ben venga per un’idea simile».

Da un punto di vista squisitamente progettuale, sarebbe l’occasione per mettere in pratica quello che l’ordine degli architetti sostiene da tempo: bandire un concorso di progettazione internazionale. «Ci sono elementi di interesse che porterebbero la città all’attenzione di tutto il mondo – continua – per le connessioni che ha con la storia del monastero e della ricostruzione successiva al terremoto del 1693. Non ripetiamo l’operazione di basso profilo di Corso dei Martiri in cui i privati hanno scelto da soli il progettista».

Infine, le ricadute sul quartiere e i suoi abitanti. Da una parte, Monastra non ha dubbi sui benefici che ne trarrebbe l’Antico Corso in termini di diminuzione del traffico e vivibilità. «Il campus ha un peso urbanistico molto inferiore di un ospedale – precisa –  Il quartiere respirerebbe e migliorerebbe la qualità delle frequentazioni». Tuttavia non è sicuro del possibile abbassamento del prezzo degli affitti, uno dei fattori contro cui negli ultimi anni il comitato dei residenti – che si è schierato a favore di Giuseppe Berretta – ha fortemente combattuto. «Non è detto che il campus esaurirà la domanda, anzi potrebbe portare anche ad un’estensione della ricerca di abitazioni».

Ma adesso che il dibattito è lanciato, Monastra rilancia il vecchio progetto di dismissione anche dell’ospedale Santo Bambino, struttura che sorge proprio tra i Benedettini e villa Cerami, sede di Giurisprudenza. «E’ un tumore all’interno del quartiere – spiega l’ingegnere – trent’anni fa proponemmo di delocalizzarlo e ricostruire al suo posto un percorso per valorizzare la memoria dell’antica cinta muraria della città che passa proprio da lì, realizzare alloggi universitari con densità minori, riproducendo la casa terrana, la tipologia urbanistica tradizionale del quartiere. Adesso – conclude – potrebbe essere l’occasione giusta per coronare questo sogno».

[Foto di ‘Io]

Salvo Catalano

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