Peppino Tirri, da Eto’o all’Akragas: «In tre anni in B» Un licatese ad Agrigento, «tendo la mano alla Sicilia»

Peppino Tirri, 58 anni, è uno di quei licatesi fatti per Licata, se Licata fosse a misura di Licatese. «Già stancavu», ore 09.30, zona porto. Alle spalle una carriera da agente Fifa che lo ha portato in alto: Eto’o, Cambiasso, Figo, Cassano tra i suoi clienti. Da oggi sarà il nuovo amministratore delegato dell’Akragas, la squadra di calcio di Agrigento che è appena stata promossa in Lega Pro. Nonostante la sua iniziale dichiarazione di stanchezza, il sorriso di Tirri è disteso come quello di un diciottenne che, superata a pieni voti la maturità, si lancia in una nuova sfida. «Il mio obiettivo è ristrutturare la società». Lo farà con il neo-presidente Marcello Giavarini, anch’egli licatese, imprenditore che a Sofia si occupa di prodotti chimici. «Alcuni tifosi dell’Akragas, dopo la promozione, mi hanno chiesto una mano; quindi ho invitato Giavarini a dare un contributo in provincia di Agrigento». Storica la rivalità tra il Licata e l’Akragas; rivoluzionaria l’idea di un Akragas con dirigenza licatese. Giavarini accetta, ma chiede a Tirri una scelta di cuore: dirigere il club. Ed eccoli, all’esordio dell’estate 2015, ad inseguire la B, «attraverso – dice Tirri – una programmazione triennale». 

Peppino Tirri sul calcio la sa lunga, ma non solo: consigliere ed assessore del comune di Licata con svariate deleghe; direttore generale del Licata Calcio in C1, entra al penultimo posto, cambia allenatore e chiude il campionato quinto, ma il Licata retrocede lo stesso a causa di una storia poco chiara che coinvolse arbitri e dirigenti della società. Non è interessante ricostruirla in questa sede; non quanto gli sviluppi della carriera di Tirri: dirige il Savoia e perde la finale per la B con l’Ancona; si qualifica per i preliminari di Champions con il Lugano, dove ripesca l’allenatore «testardo e con due lauree», Sonzogno; infine diventa agente FIFA. Procuratore internazionale a Londra per sette anni, poi Madrid: è qui che scoppia la bomba-Tirri. Figo, Cambiasso, Sneijder, Samuel, Solari all’Inter; Cicinho, Cassano, Gravesen al Real. «Tuttavia – ricorda Tirri – il primo vero colpo fu Wome alla Roma nella stagione ‘98/99, seguito da Maresca alla Juve». 

E ancora, dal Sud America all’Africa, dall’Inghilterra alla Russia: secondo una rivista americana è tra i sei agenti più influenti al mondo. «C’è una bella differenza tra bravo e ricco», dice lui. Poi la Bulgaria: luogo e dinamiche, manco a dirlo, sono inusuali. Il sindaco di Vratsa lo chiama, al solito, per «dare una mano»; Tirri accetta, ma «quello – spiega – fu l’unico anno in cui la società (di proprietà del Comune ndr) non beneficiò dei diritti tv». Dopo tre mesi la situazione diviene insostenibile e l’agente se ne va. «Però in Bulgaria si stava bene, e mi trasferisco a Sofia». E com’è? «Bella, tranquilla, il costo della vita è sostenibile. Vicina alla Turchia e alla Russia: i mercati nascenti». Il trasferimento di Eto’o all’Anzhi è, infatti, made in Tirri. «E adesso sto qui, ma non significa che mi ci trasferisco». Ora c’è l’Akragas. «Tendo la mano alla Sicilia, dove c’è tutto il mio background: la questione del Sud, la nostra provincia. La mia terra». A proposito, prima di andare via da Licata, Peppino Tirri aprì un maneggio.

I top manager affermano che il successo equivale alla preparazione, l’impegno, le relazioni e il fattore X, fratto la presunzione. Condivide? «Si, anche se il culo è relativo: dipende da te. Licata è un paese bellissimo, ma non c’è lavoro. Il problema è logistico, manca tutto: occorre inventarsi qualcosa, crederci e chiamare a raccolta gli imprenditori nati qui, ma stabilitisi fuori: chiedere loro di dare una mano». Va nella patria di Pirandello, il quale diceva «Qualcuno, vivo, nessuno lo vede». Lei è Qualcuno? «Nemo profeta in patria. La gente non capisce, attualmente, cosa ci faccio qui». Allora, è Qualcuno o no? «Sì».

Luigi, suo figlio, ha 26 anni e sta seguendo la sua stessa strada. «È agente da quattro anni, ha appena trasferito un calciatore dagli Stati Uniti». Come riconosce un talento? «Velocità, forza fisica, predisposizione naturale e testa». Quale causa sposerebbe? «Quella che ho appena scelto». Quale calciatore è l’invitato ideale a Licata? «Penso proprio Bobo Vieri». Tre miti? «Gandhi, Maria Teresa di Calcutta e un calciatore buono e serio, ma è difficile. Dico Zidane».Le regole si rispettano? «Sempre – risponde – anche se l’onestà è diventata un business». Se Peppino Tirri fosse una spiaggia di Licata, forse sarebbe la Rocca: fotogenica, famosa, ma soprattutto libera.

Gino Pira

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