Al Teatro Massimo Bellini di Catania, Daniel Pennac sale sul palco e racconta barzellette. Di quella volta che Vladimir Nabokov spiegava il concetto di caso, di quell’altra volta che a spiegare la differenza tra turismo e immigrazione ci ha pensato un angelo che voleva provare l’ebbrezza dell’inferno. Di quel giorno che, arrivato in Sicilia per mettere in scena Un amore esemplare con la fumettista Florence Cestac, è stato costretto a raccontare storielle mentre sul palcoscenico veniva riassestato il proiettore. Il tutto davanti agli occhi di centinaia di cittadini arrivati per assistere a uno spettacolo coi fiocchi, disturbato – ma non rovinato – da una lunga serie di inconvenienti. Cominciati ieri mattina e finiti solo al termine di una rappresentazione che fino all’ultimo ha rischiato di non farsi. «Mancheranno le luci – dice lo scrittore francese, sul palco assieme a tutta la compagnia, a inizio serata – Sono parte importante dell’atmosfera, sono i dettagli, le emozioni. Assisterete a una sorta di prova, ma speriamo che vi divertiate».
Ma divertente la giornata certo non è stata. Non per Roberto Roberto, produttore delegato della compagnia, costretto a discutere per ore con le maestranze del Teatro Bellini in un clima di nervosismo crescente. Neanche per Sergio Zinna, del Centro culture contemporanee Zo, che co-produceva la serata assieme allo stesso Bellini, trovatosi da solo per una giornata intera a tentare di non fare saltare la rappresentazione. Nello storico teatro dell’opera di Catania, però, non si fanno vedere né il soprintendente Roberto Grossi né il direttore artistico Francesco Nicolosi. E sedare gli animi – tra maestranze catanesi arrabbiate per la disorganizzazione dei piani alti e compagnia internazionale sconvolta – tocca più alle lunghe camminate avanti e indietro sul palco spoglio che alla diplomazia.
«Non è stato possibile montare le cose necessarie», prosegue Pennac. E non è stato possibile neanche provare per più di venti minuti prima dell’apertura delle porte al pubblico. I problemi erano noti: quel proiettore traballante e non agganciato era stato una delle prime cose su cui si era discusso, nel pomeriggio. Senza proiettore, però, lo spettacolo non era possibile farlo. L’artista francese Florence Cestac avrebbe dovuto disegnare in tempo reale la storia d’amore di Jean e Germaine – interpretati rispettivamente da Massimiliano Barbini e Ludovica Tinghi – e i suoi fumetti avrebbero dovuto essere mostrati al pubblico sul grande sfondo. Le immagini dovevano essere non un contorno, bensì parte integrante della narrazione. Come previsto, però, ci è voluto poco perché il proiettore desse forfait.
Quando si oscura tutto, la prima a salire sul palco è la registra Clara Bauer. «Flo, Flo – dice a Cestac – Non si vede niente». «Ecco, questo è il genere di sorprese che questo teatro ci regala oggi. E noi lo ringraziamo di cuore», spiega Pennac, prima di iniziare con le barzellette. Nel frattempo, sulla scena viene calata un’impalcatura, lo sfondo diventa blu e inizia a muoversi. «Siamo su un’isola, e starci sarà come essere in barca», ironizza lo scrittore. «I tecnici di qui – continua Bauer – mi hanno chiesto di chiudere il sipario. Ma io voglio che voi vediate la macchina del teatro». Quando il proiettore riparte, sempre in movimento – e Pennac: «Per la prima volta, stasera, Jean e Germaine si ameranno sull’altalena!» – sono passati 15 minuti spesi a raccontare (bene) aneddoti fantasiosi. Lo spettacolo ricomincia. Passano cinque minuti e c’è un’altra interruzione, l’ultima: «Per favore – si ferma Tinghi, avvicinandosi a un palchetto alla destra del palco – Un po’ di rispetto. Spegnete i cellulari e smettete di parlare». Sono quasi le 23.30 quando la rappresentazione finisce. Il ritardo è evidente. Qualcuno tra il pubblico accenna una meritata standing ovation. Ma alla seconda uscita della compagnia per raccogliere gli applausi, gli spettatori vanno già verso l’uscita.
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