Le responsabilità del mezzo pasticcio dello spettacolo Un amore esemplare di Daniel Pennac, andato in scena lo scorso 6 marzo al Teatro Bellini di Catania ricadrebbero «solo in minima parte ricadono sul teatro ospitante» e coinvolgerebbero invece «in primo luogo la produzione franco-italiana e l’associazione Zo Centro Culture Contemporanee». Lo sostengono i vertici del teatro catanese in un comunicato che prova a fare il punto dopo le polemiche scoppiate nei giorni scorsi.
«Rimane il rammarico per gli inconvenienti», ma qualche precisazione, scrivono dal teatro, va fatta. Affidata alle parole del sovrintendente Roberto Grossi che punta il dito contro un presunto «linciaggio mediatico indecoroso». «Si è ritenuto di addossare le colpe in toto al Bellini, quando si farebbe meglio a porre l’accento piuttosto sui danni derivanti al Bellini dal taglio di 3,5 milioni sul finanziamento regionale per il 2018, una decurtazione sproporzionata che penalizza tutta una serie di attività per carenza di mezzi e personale, la cui dotazione avrebbe invece consentito di affrontare meglio questa e altre situazioni».
«La corposa e crescente richiesta del pubblico – prosegue Grossi – è stata poi la molla che ci ha indotti a spostare lo spettacolo al Bellini: una scelta più che giustificata, alla serata sono infatti intervenute oltre 700 persone, praticamente il doppio di quante può accoglierne il teatro Sangiorgi, sede in un primo tempo destinata». Al Sangiorgio erano anche però emersi dei problemi di «screpolature» in parte dell’intonaco della struttura, di cui lo stesso sovrintendente Grossi aveva parlato a MeridioNews.
«Il trasloco al Bellini non è stato certo semplice – aggiunge Grossi – per il fatto che sul palcoscenico è in montaggio in questi giorni l’allestimento della Traviata, al debutto il 16 marzo. Si aggiunga che l’ente soffre di tutta una serie di vincoli che impediscono da anni l’adeguamento della pianta organica e la copertura delle figure tecniche e professionali indispensabili, ivi compresi i ruoli dirigenziali e di coordinamento, di cui tutti gli altri teatri dispongono».
Alle parole di Grossi si aggiungono quelle del direttore artistico Francesco Nicolosi: «Ciò non toglie che la struttura del Bellini, compatibilmente con gli orari e turni di lavoro di un ente pubblico tenuto a rispettare norme e regolamenti, si è messa completamente a disposizione della compagnia ospite. Di contro quest’ultima – spiega Nicolosi – ponendo opinabili resistenze ad affidarsi alla più aggiornata tecnologia del nostro teatro, e preferendo utilizzare la propria, ha dilatato inutilmente i tempi di operatività già di per sé stretti». La stessa compagnia dello spettacolo di Pennac, secondo la ricostruzione dei vertici del Bellini si sarebbe «prodotta in esternazioni non sempre serene, alzando i toni, salvo poi attribuire tale atteggiamento alle maestranze del teatro, come si evince dalle veementi dichiarazioni rilasciate ai media dalla produzione franco-italiana».
Chiosa poi il sovrintendente Grossi: «Stupisce la dura critica al valente settore tecnico del teatro, lanciata sempre a mezzo stampa anche dal’associazione Zo – conclude – una valutazione che appare poco in linea con la fresca partnership instaurata, ma soprattutto irrispettosa del nome del Bellini, della sua dirigenza e dei lavoratori tutti».
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