Dai social media al deep web, il lato più oscuro della rete. Sarebbe questa la direzione presa dalla pedopornografia nell’ultimo anno. A dirlo è l’ultimo rapporto di Meter, l’associazione che da 25 anni si occupa delle violenze sui bambini. Il fenomeno rappresenterebbe la volontà dei protagonisti del mercato illegale basato sullo scambio di immagini e video che ritraggono abusi sessuali sui più piccoli di essere meno rintracciabili. Il deep web è infatti uno strumento in cui gli utenti riescono a navigare con una maggiore autonomia, rendendo più difficile la loro localizzazione grazie a diverse chiavi crittografiche.
Stando ai dati raccolti, tra 2015 e 2016, il numero di immagini che sono state rintracciate in quest’area del web sono passate da poco più di un milione a quasi un milione e 950mila. Mentre sono drasticamente diminuite le segnalazioni di scambi sui social network (da 3414 del 2015 a 155 del 2016). Passando alla descrizione delle aree geografiche da cui ufficialmente è partito lo scambio sul deep web si scopre che il continente più attivo è l’Oceania, con l’arcipelago di Tonga (4156 segnalazioni) in cima alla classifica mondiale, seguita da Europa (868) e Africa (259). Nel vecchio continente, la nazione con più segnalazioni è la Russia (635), con l’Italia che si ferma a 15. Nel complesso a crescere in maniera importante sono stati i video praticamente triplicati in un anno: da 76.200 a 203.047.
Un altro sistema utilizzato dai pedofili per sfuggire ai controlli sarebbe lo scambio temporaneo dei file, usando servizi come Dropfile, che permette di mettere a disposizione i contenuti soltanto per un ristretto lasso di tempo, prima di scomparire. Modalità che, secondo l’associazione, dimostrano come l’attività criminale basata si stia sempre più perfezionando a danno delle vittime. Alcune delle quali sono state aiutate anche dal centro di ascolto ideato dalla onlus. «Quest’anno il nostro centro ha seguito 91 casi e fornito 1.157 consulenze telefoniche – fa sapere Meter -. È una vera e propria esplosione di telefonate, in particolare dalla Sicilia, Lazio, Lombardia (799, 83, 51 chiamate)». L’Isola è in cima anche ai dati che riguardano i casi seguiti direttamente dall’associazione, che sono stati 40 nell’ultimo anno.
«Senza ombra di dubbio possiamo quindi ipotizzare che esiste un’associazione a delinquere a scopo prettamente criminale – si legge nel rapporto -. Ecco perché poniamo una domanda a tutti: la pedofilia è un crimine?». A riguardo il fondatore e presidente di Meter, don Fortunato Di Noto commenta: «La pedofilia non è una malattia, ma un crimine; è importante non confondere la pedofilia (come malattia psichiatrica) e la capacità di intendere e di volere: nel 99,9 per cento dei casi, infatti, le condotte pedofile sono condotte lucide e quindi perseguibili penalmente».
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