Pedara dedica il parco ad Angelo D’Arrigo «Era testimone del connubio uomo-natura»

Il parco comunale di Pedara è stato dedicato ad Angelo D’Arrigo, il deltaplanista catanese famoso in tutto il mondo per aver saputo volare con le aquile e rimasto vittima di un incidente nel 2006 con un piccolo aereo in cui viaggiava come passeggero vicino Comiso. Adesso l’amministrazione comunale pedarese, concittadina di Angelo, ha deciso di dedicargli il parco comunale con una manifestazione svoltasi domenica alle 11. «Siamo molto felici – afferma Laura Mancuso, moglie di Angelo – di questa intitolazione che lega un’altra area verde della Sicilia al nome di chi, durante la sua attività, ha sempre messo in primo piano il rispetto per l’ambiente e la natura».

Dopo tanti premi e intitolazioni al deltaplanista adesso è il turno della città di Pedara, come aveva già annunciato il sindaco, Antony Barbagallo, in occasione del quinto premio Angelo D’Arrigo che si è svolto lo scorso novembre e che è stato assegnato al quattro volte campione mondiale Alex Ploner. E molta soddisfazione per l’obiettivo raggiunto dall’amministrazione è quella manifestata dal sindaco Barbagallo che spiega che la loro è stata una scelta «emozionante» perché «nessuno più Angelo D’Arrigo è testimone di come il connubio tra uomo e natura possa raggiungere livelli massimi».

Ma ieri non è stata solo una giornata per intitolare il parco. Dopo la cerimonia, infatti, si sono alternate iniziative sia della Fondazione Angelo D’Arrigo che  di tante altre associazioni che hanno voluto prendere parte all’evento. Balli e animazione, laboratorio creativo di pittura, giocolieri, ma anche sport con saggi e prove gratuite. E non solo. Esibizione speciale per la compagnia marionettistica di pupi siciliani dei Fratelli Napoli. Che, già in occasione del premio dedicato allo sfortunato deltaplanista hanno presentato il loro nuovo personaggio: Angelo D’arrigo. Una marionetta con il corpo di uomo, ma dotato di straordinarie ali che gli permettono di diventare quasi un uccello, come quelli che lui amava seguire nelle loro migrazioni. Un modo, insomma, per non farlo mai smettere di vivere e volare.

 

[Foto di Fondazione Angelo D’arrigo]

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