Pd, Nicola Zingaretti in Sicilia per ricompattare i suoi «Responsabili disastro nell’Isola si facciano da parte»

Fa capolino anche il senatore Beppe Lumia, alla convention degli zingarettiani riunita ieri all’Astoria Palace di Palermo per accogliere il candidato alla segreteria nazionale Nicola Zingaretti. Una tappa che non è sembrata casuale a molti, all’indomani del congresso fratricida in casa dem. E alla vigilia della prima assemblea regionale del partito nell’era Faraone, quando ad essere convocati sono sostanzialmente tutti i 180 candidati delle liste a sostegno del senatore renziano, dal momento in cui Teresa Piccione ha ritirato la propria candidatura. Una sala piena ma non affollata, quella nella quale Zingaretti ha affrontato i temi della campagna elettorale, ma è anche tornato a ribadire con forza che «quello che è successo in Sicilia non è il modello di partito a cui guardo e che voglio costruire». Quasi un serrate le file, insomma, in un momento di grande sconforto per i tanti che si chiedono in quale direzione guardare, quando anche il proprio partito li ha delusi e non ci sono alternative all’orizzonte a sinistra.

C’è il capogruppo all’Ars (finito in minoranza anche all’interno del gruppo parlamentare), Giuseppe Lupo, c’è l’ex candidata alla segreteria regionale, Teresa Piccione, c’è l’ex assessore alla Formazione nella giunta di Rosario Crocetta, Bruno Marziano, ci sono i deputati regionali Antonello Cracolici ed Anthony Barbagallo, insieme all’ex deputato Tonino Russo. C’è chi, fino a ieri, aveva scelto di percorrere un pezzo di strada al fianco dei Partigiani dem, come Ninni Terminelli. C’è, appunto, Beppe Lumia. Che si tiene alla larga dai cronisti, a cui concede soltanto una precisazione sulla sua presenza, dettata «dall’interlocuzione – dice – tra l’area Emiliano e quella che fa capo a Zingaretti». E c’è anche qualche emissario degli avversari di partito, accorso per vedere che aria tira.

E l’aria non è affatto buona, come dimostrano le dure parole di molti a proposito dell’assemblea regionale del partito, che si terrà domani a Palermo. Un’assemblea che secondo Tonino Russo «è di chi ha partecipato all’elezione di Faraone. Dovranno ratificare qualcosa che non era mai successa prima, perché a un’elezione si arriva con le primarie, con la partecipazione di popolo, coi congressi di sezione. Non mi pare ci sia stato niente di tutto questo, c’è stata un’elezione ratificata da tre o quattro persone in una commissione di sette componenti. Non mi pare il massimo, per un partito che si definisce democratico».

Non ci va più leggero Terminelli, secondo cui «il quadro è aggravato dall’ostinarsi ad andare avanti. Capisco più l’atteggiamento dei renziani, il passaggio della prossima assemblea è perfettamente in stile renziano. Sinceramente trovo più sorprendente che anche i Partigiani dem seguano questo modello».

Intanto i congressi provinciali sono stati posticipati a gennaio. Un «atto di buona volontà», come lo definisce Bruno Marziano, a partire dal quale «spero che si possa riprendere un cammino. Certo, per quanto mi riguarda, penso che non si possa prendere nessun cammino fino a quando Faraone non prenderà atto della illegittimità della sua elezione, però riconosco che quella dei congressi è un’apertura».

Una lettura, quella di Marziano, che non coincide, ad esempio, con quella di Russo, che al contrario si chiede se i renziani «questa volta sui congressi provinciali non vorranno fare a sorteggio». Insomma, secondo Russo è davvero troppo presto per pensare di ricucire i rapporti. «La ferita – ammette – sanguina ancora. Io ho grande affetto per molti amici che hanno deciso di condividere quel percorso, che continuo a ritenere persone valide. Ma oggi non mi pare che ci sia una grande volontà di discutere. Temo che continueranno a fare forzature che non aiutano la riconciliazione».

Per Marziano invece la riconciliazione si potrebbe intravedere all’orizzonte. «Però – aggiunge – come diceva mia madre, bisogna riconoscere che il pesce fete dalla testa. Noi avevamo un pesce a due teste, uno era sottosegretario (Faraone, ndr), l’altro era il segretario (Fausto Raciti, ndr). Ora io non dico che dovevano decidere di andare in esilio, come sarebbe stato giusto, ma pretendere di fare pure il segretario dopo essere stati responsabili del disastro è troppo. Io mi assumo le mie responsabilità, ho fatto parte della giunta Crocetta e mi sono fatto di lato. Se anche i due maggiori responsabili ne prendessero atto, non sarebbe male».

«Non mi pare – conclude Russo – che a riaprire la saracinesca (di via Bentivegna, ndr) siano stati soggetti nuovi, mi pare che fossero gli stessi che quella saracinesca l’avevano chiusa. Basti vedere chi era prima il segretario regionale che ha portato al disastro economico e poi vedere chi l’ha riaperta. Forse questa cosa Faraone l’ha dimenticata. Di certo non ce ne dimenticheremo noi».

Miriam Di Peri

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