«Una passerella? Preferirei chiamarlo un punto d’inizio. Da qualcosa dobbiamo pur partire». Mette subito le mani avanti il segretario del Partito Democratico che oggi ha visitato il quartiere Zen 2, a Palermo per incontrare i residenti e rappresentanti delle associazioni impegnati nel riscatto del territorio. Una tappa, quella di Maurizio Martina, che cade proprio nel ventiseiesimo anniversario dell’eccidio di via D’Amelio, e all’indomani della prima segreteria di partito che si è tenuta a Tor Bella Monaca, con lo spirito di riportare i dem «nei quartieri popolari».
«Dobbiamo tornarne nelle periferie, ad ascoltare realtà che lavorano tutti i giorni nei quartieri popolari, senza nessuna arroganza, senza nessuna pretesa di dare risposte facili» ha rimarcato subito al suo arrivo, accompagnato dal segretario regionale dimissionario del Pd Fausto Raciti e da Antonio Rubino, leader dei Partigianidem. «Questo lavoro lo faremo dal Nord come al Sud nelle aree interne – annuncia – Preferisco che il Pd stia qui e ragioni dei disagi e dei problemi piuttosto che chiudersi in quattro stanze per discutere tra di noi».
Un percorso di riavvicinamento al popolo e ai valori della sinistra nelle intenzioni del nuovo segretario – che ha il delicato compito di traghettare il Pd nel dopo Renzi – ma il rischio «passerella» è dietro l’angolo, come ammette lui stesso che si schernisce: «Senza dubbio dobbiamo ricostruire un rapporto con la dimensione popolare del bisogno che non abbiamo saputo cogliere fino in fondo in questi anni – afferma facendo autocritica – Ma questo non vuol dire non riconoscere le cose buone fatte in questi anni. Ne abbiamo fatte tante e abbiamo contribuito a portare il Paese in una condizione migliore di quella che abbiamo trovato. Ma questo non può bastarci, perché se il 4 di marzo abbiamo perso una ragione c’è. Non hanno sbagliato i cittadini ma noi».
Per l’occasione il leader dei dem – che nel pomeriggio ha proseguito il suo tour visitando il coworking ristorante multietnico Moltivolti nel cuore di Ballarò dove si è fermato a pranzare con il suo staff prima della successiva tappa in via D’Amelio – ha visitato uno dei due Punti Luce che Save the Children ha attivato nel capoluogo (l’altro si trova nel quartiere Zisa) incontrando e i volontari del centro che hanno illustrato l’attività del centro e le sfide che quotidianamente devono affrontare, in una realtà per lungo tempo abbandonata dalle itituzioni. Dall’inizio del progetto fino a giugno 2018 i beneficiari totali del Punto Luce dello Zen sono stati 408 minori, di cui la maggior parte tra i 6 e i 10 anni (225). La gestione di tutte le attività il punto Luce si avvale della collaborazione dell’associazione Laboratorio Zen Insieme, fondata nel 1988, che ha come priorità la presa di coscienza, la crescita e l’autonomia degli abitanti del quartiere, promuovendo azioni che tendono alla rimozione delle cause del disagio e al superamento delle varie forme di marginalità.
«Aiutiamo ogni giorno centinaia di persone – ha detto Mariangela Di Gangi, responsabile del Laboratorio Zen Insieme – Proviamo ad animare questo territorio e siamo ormai una componente stabile di questa comunità lavorando tantissimo per strada, in mezzo la gente. Proviamo semplicemente ad accompagnare le richieste e le soluzioni che il quartiere ha già individuato. Mediamo, e la politica dovrebbe fare questo. Pensiamo che in questo momento storico sia più importante che mai ritrovare una connessione con la gente che vive in questi posti. Altrimenti lo scollamento che si crea tra classe dirigente e Paese reale difficilmente sarà ricomponibile».
«È il motivo per cui siamo venuti qui – ha replicato Martina – Siamo venuti per imparare e per capire come mediare tra bisogni e risposte, anche per reinventare il senso della politica. Venire a scoprire queste esperienze è fondamentale per capire anche da cosa noi dobbiamo ripartire. Se vuoi correggere la rotta devi ripartire dalle frontiere più complicate e certamente queste lo sono. Se penso al Pd – ha concluso – penso a un partito vivo che si metta accanto a queste esperienze per dare una mano, qui come altrove».
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