Trenta minuti circa e udienza rinviata. Continua, con il passo della tartaruga, il processo sulle misure di prevenzione a Mario Ciancio Sanfilippo. Sull’editore ed ex direttore del quotidiano La Sicilia, che non era presente in aula, pesa una presunta disparità tra i suoi possedimenti e il reddito dichiarato. A finire nel mirino degli investigatori del reparto anticrimine dei carabinieri sono stati alcuni rapporti bancari intrattenuti in Svizzera, che a giugno dello scorso anno sono confluiti in un sequestro antimafia da 17 milioni di euro. Il tesoro dell’imprenditore era suddiviso in azioni e titoli, gestiti da una società fiduciaria di Vaduz in Liechtenstein, per un valore di 12 milioni; e cinque in contanti depositati in una banca di Catania.
Proprio i gestori dei conti dell’editore nel paradiso fiscale dell’Europa centrale erano stati chiamati in aula dal tribunale misure di prevenzione. La convocazione è però saltata per omessa notifica. «Abbiamo prodotto alcuni documenti contabili», spiega a margine dell’udienza l’avvocato Carmelo Peluso. Da piazza Verga, sede del tribunale di Catania, si era optato per il sequestro dopo che Ciancio aveva dato l’ordine di monetizzare i propri titoli e di trasferirne il ricavato in istituti di credito italiani.
Su questa vicenda giudiziaria che riguarda l’editore peserà, con ogni probabilità, l’esito del recente proscioglimento dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa. A fine 2015 la giudice Gaetana Bernabò Distefano ha optato per la formula de «Il fatto non costituisce reato». In attesa di leggere le motivazioni, Ciancio ha recentemente raccolto un’altra vittoria nei confronti della procura di Catania. L’ultimo reato in ordine di tempo a essere caduto è quello di elusione – evasione fiscale per la vendita delle frequenze televisive. Al centro dell’inchiesta era finita la cessione di frequenze e impianti, avvenuta nel 2006, da Rete Sicilia a Etis 2000 (il centro di stampa inaugurato nel 2005) e la successiva vendita a una società del gruppo Telecom.
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