Patibolo a pranzo

Mi siedo a pranzo e la prima notizia che la signorina del Tg espone è stata quella della condanna a morte del tiranno… tutto filmato. Dall’entrata in scena del protagonista fino alla chiusura del sipario in un teatro fatto per pochi boia mascherati. Guardo in silenzio. Mi giro dall’altra parte perchè non ho più voglia di guardare. Mi accorgo solo che prima dell’esecuzione i personaggi ripassano sottovoce, ciascuno la propria parte… a ciascuno il proprio ruolo… a ciascuno la propria fine. Fine dello spettacolo. Il giorno prima della fine dell’anno.

Le immagini scorrevano. Io non potevo continuare a lungo a stare in silenzio. Ho detto: “Ma come si fa a fare una cosa simile? Scendere a quelli che una volta furono anche i suoi livelli?” E brividi di indignazione mi percorrevano la pelle.

Inizia il dibattito tra me e mio padre… intanto scorrevano le immagini della sua Iraq prigioniera di anni di terrore e povertà. Massacri e contro massacri. Persecuzioni e contro esecuzioni. Fino alla caduta nelle mani degli yankees con tanto di bandiera a stelle e strisce sbattuta in fascia.

Mio padre non aveva tutti i torti a sostenere la sua di opinione… specie quando la discussione si fermava a guardare scene di corpi senza vita… tra cui anche bambini… in quel villaggio in cui non ricordo il nome. Elenchi fatti solo di sangue.

A ciascuno il suo parametro di valutazione. Mi trovo per un attimo sospesa a riflettere. Cosa è giusto e cosa non lo è. Se è giusto quello che è stato. Una cosa è certa: non ho digerito bene. Una decisione troppo forte è stata quella del patibolo. E tutti comodamente seduti con telecomando in mano ad alzare il volume della messa in scena, nonostante il silenzio. Silenzio che si respira come se fosse stata una cosa prevedibile e da tempo annunciata. Tutti alla ricerca di un riscatto. Tutti a cercare una conferma: tu sei il vinto e io sono il vincitore. Tutti che ascoltiamo e guardiamo in silenzio.

E intanto tutti continuiamo a fare buoni propositi per un 2007 migliore.
Auguri.

Medea

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