Paternò, racket costante ma poche denunce Il sindaco: «Cittadini però stanno cambiando»

«Un altro importante tassello di quel risveglio, da noi tanto auspicato, da parte di commercianti e imprenditori contro il giogo degli aguzzini del racket». Così viene definita da Rosario Cunsolo, presidente dell’associazione antiracket e antiusura Libera impresa, l’operazione che ha portato all’arresto di Giuseppe Furnari e al fermo di Sebastiano Emanuele Laudani, Giuseppe Rau e Antonino Distefano. Tutti accusati di estorsione aggravata in concorsoai danni di un imprenditore del settore finanziario. La giudice per le indagini preliminari Flavia Panzano ha convalidato l‘arresto di Furnari, e ha disposto quello per gli altri tre. Tutt’e quattro, quindi, restano in carcere. In attesa che si pronunci il tribunale del Riesame sul ricorso annunciato dagli avvocati difensori del quartetto, Vittorio e Carmelo Lo Presti.

«I quattro presunti estorsori sono dei cani sciolti, non legati ad alcun clan locale – spiega Cunsolo a MeridioNews – è gente che vuole emergere, uscire dall’anonimato. Il silenzio dei clan sull’azione di cui stiamo parlando, vuol dire che il settore interessato è una cosiddetta zona grigia». Secondo Cunsolo gli arresti sono il risultato dell’azione solerte delle forze dell’ordine, accompagnata dalla volontà delle vittime di liberarsi dalla morsa del racket. «Abbiamo detto tante volte di non piegarsi alle minacce, alle ritorsioni, bisogna sempre trovare la forza di denunciare per liberarsi dagli estorsori». Nonostante gli arresti, però, sono ancora pochi gli imprenditori che scelgono di rivolgersi alle associazioni antiracket.

«Il fatto che ci siano poche denunce non significa che il racket sia un problema poco invasivo – prosegue Cunsolo – soprattutto nei Comuni del triangolo della morte: Paternò, Biancavilla e Adrano, dove è forte la paura delle vittime». Proprio per questo, Cunsolo e i volontari di Libera impresa stanno provando a radicare meglio la presenza dell’associazione in questi territori. Già presente a Biancavilla, Adrano e Aci Catena, dal prossimo 16 dicembre verrà costituito un punto di riferimento della realtà antiracket anche a Paternò.

Sulla vicenda il sindaco Mauro Mangano ha ribadito il fatto che le «istituzioni non possono abbassare la guardia. Ho espresso i miei complimenti e quella della giunta al comandante dei carabinieri per l’operazione portata a termine – spiega a MeridioNews – ma soprattutto per la frequenza con cui le azioni di controllo e di repressione vengono svolte ultimamente nella nostra città. Logico pensare che la delinquenza non venga debellata del tutto – aggiunge – ma è importante agire sia a livello di repressione che di prevenzione». Secondo il primo cittadino oltre all’azione degli organi di polizia, esiste un cambio culturale nei cittadini che «hanno iniziato ad alzare la testa contro la criminalità. Questo è il segno del cambiamento di Paternò – conclude – abbiamo speranze concrete di credere che in un futuro non molto lontano il nome della città non sia associato alla mafia, né alla criminalità».

I quattro paternesi che adesso occupano le cronache erano già stati arrestati nell’aprile 2014, poiché accusati di estorsione a un imprenditore agricolo di Biancavilla. In quella circostanza, secondo le indagini, gli accusati avrebbero preteso il pagamento di una tangente variabile dai 300 ai 500 euro al mese, nel periodo compreso tra l’aprile e il novembre del 2013, offrendo all’imprenditore la loro protezione. Nella sentenza di primo grado, emessa dalla seconda sezione penale di Catania, i giudici hanno assolto Sebastiano Laudani per non aver commesso il fatto e inflitto dure condanne invece per Giuseppe Furnari, Giuseppe Rau e Antonino Distefano.

Salvatore Caruso

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