«Ho detto a muso duro che Paternò non è pronta ad accogliere i migranti. Siamo contro un eventuale arrivo e pronti a fare le barricate». A parlare è Nino Naso, il primo cittadino che, alla notizia del possibile arrivo in città di 50 migranti, ha subito contattato la prefettura per opporsi. «Due giorni fa sono stato contattato da un funzionario prefettizio – spiega Naso – che mi avvisava del fatto che stavano effettuando un sopralluogo all’interno di una struttura privata a tre piani, in via Delle Gemme nel quartiere Trappettazzo, per verificare se fosse in grado di ospitare una cinquantina di migranti. Ho chiaramente espresso le mie perplessità: la città non sarebbe in grado di gestire questa accoglienza – specifica il sindaco – vista la presenza nel nostro territorio di micro e macro criminalità».
La precedente amministrazione, guidata da Mauro Mangano, si era detta disponibile a ricevere nel proprio territorio 250 migranti, come previsto dall’accordo tra l’Anci -l’associazione nazionale dei comuni italiani – e il Ministero dell’Interno, che stabilisce l’accoglienza di 2,5 migranti per ogni 1000 abitanti. «Tengo a precisare che il mio rifiuto non è dettato da motivi razziali – sostiene Naso. La città è sempre stata solidale e accogliente ma non è capace di gestire questa situazione. C’è da considerare – aggiunge – che già ospitiamo 50 minori non accompagnati in un centro di prima accoglienza, che stanno creando dei problemi alle forze dell’ordine. Dunque, sarebbe impossibile dal punto di vista dell’ordine pubblico, sopportare questo ulteriore fardello.
«Come ente comunale ci opporremmo con tutti i mezzi a nostra disposizione. Da quello che mi risulta – conclude Naso – anche i proprietari dell’immobile di via delle Gemme, che avevano raggiunto l’accordo con la cooperativa di Agrigento, starebbero valutando la possibilità di fare un passo indietro». Un netto rifiuto a questa ipotesi di accoglienza arriva anche da molti residenti della zona: «Non abbiamo nulla contro i migranti – sostengono – ma con loro qui non ci sentiremmo al sicuro. Non sappiamo da dove arriverebbero, non conosceremmo la loro cultura e temiamo che non riuscirebbero mai ad adeguarsi al nostro territorio».
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