È morto nella mattinata di oggi, a Paternò, il boss pentito Giuseppe Alleruzzo, 84 anni. Si è spento dopo una lunga malattia nella sua abitazione di contrada Porrazzo, lungo la strada intercomuanle che collega Paternò a Ragalna. A capo dell’omonimo clan, si trovava ai domiciliari, concessi dalla magistratura a seguito delle cattive condizioni di salute. I funerali, che inizialmente erano programmati per domani alle 11 nella chiesa di Santa Barbara, non si terranno. Dopo un’informativa dei carabinieri paternesi inoltrata alla questura di Catania, le forze dell’ordine hanno deciso, per motivi di sicurezza, di vietare le esequie pubbliche e private. Il corpo sarà benedetto in casa e, successivamente, sarà trasportato a Messina per la cremazione. Secondo le ultime volontà del capomafia.
Giuseppe Alleruzzo, alleato con il clan Assinnata, era la longa manus della famiglia Santapaola-Ercolano a Paternò. Gli Alleruzzo-Assinnata sono da sempre contrapposti al clan Morabito-Rapisarda, storicamente vicini alla famiglia Laudani di Catania. I cosiddetti mussi ri ficurinia. L’ultimo arresto del boss risale all’ottobre 2012, a opera dei carabinieri paternesi: uscito dal carcere nell’agosto 2009, per gli inquirenti Pippo Alleruzzo sarebbe rimasto attivo e avrebbe tentato di ricostruire il clan. Nella villetta di contrada Porrazzo, in quell’ottobre di sei anni fa, i carabinieri hanno trovato un mini arsenale.
Cinque pistole calibro 7.65, una pistola calibro 9×21, una pistola calibro 40 Smith & Wesson, due pistole calibro 38 special, due fucili calibro 12 con calcio e canne mozzati, due fucili da caccia calibro 12, un calibro 28 e 815 cartucce di vari calibri. C’erano, inoltre, 260 grammi di cocaina, un bilancino di precisione e dei guanti in lattice. Le armi, in perfetto stato e tutte funzionanti, erano nascoste all’interno di alcuni fustoni solitamente utilizzati per la raccolta delle olive, sotterrati all’interno del fondo agricolo di Alleruzzo. Due pistole, entrambe cariche, erano invece conservate in casa. Come in casa è stata ritrovata la droga. Alleruzzo avrebbe giustificato ai carabinieri la presenza della cocaina spiegando che aveva trovato un barattolo con la polvere bianca in campagna e che lo aveva portato a casa. Le armi, aveva detto Pippo Alleruzzo ai militari, erano invece state messe lì da qualche nemico con l’intento di incastrarlo.
Legato ai santapaoliani, dopo l’omicidio del figlio Santo e della moglie Lucia Anastasi (avvenuti fra luglio e agosto 1987), il boss ha deciso di collaborare con la giustizia. Permettendo la ricostruzione della dinamica di diversi omicidi commessi a Catania nella guerra di mafia tra il 1979 e il 1986, scoppiata a seguito dell’assassinio di Angelo Scalisi. Nel 1987, Alleruzzo ha domandato di potere avere un colloquio con il magistrato Giuseppe Gennaro, che ha accolto l’inizio della sua collaborazione. Le dichiarazioni di Alleruzzo hanno consentito alle forze dell’ordine di decimare le cosche di Paternò, Belpasso, Biancavilla, Adrano e Palagonia. È stato accusato degli omicidi di Placido e Antonino Fiorello e di Angelo Ingrassia. Nel 1997 è stato ucciso a Paternò suo nipote Giuseppe Alleruzzo, suo omonimo. In seguito è stato ammazzato anche un altro esponente del clan: Luigi Panebianco.
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