Dalla collega di lavoro all’amica di infanzia, dai conoscenti a persone che fanno i lavori più disparati. La febbre dell’arrampicata non conosce distinzione di ceto. E la Sicilia è seconda solo alla Sardegna per le pareti rocciose che offre ai sempre più numerosi arrampicatori.
Parola di Carmelo Ferlito, per tutti il professore, docente di Vulcanologia all’Università di Catania nonché uno dei primi arrampicatori siciliani. «Ho iniziato negli anni ’80 ed è innegabile che da allora l’interesse sia aumentato. Anche perché, come dicono i medici, è uno schema motorio di base, nel senso che può provare chiunque. Poi, se si vuole andare più avanti, oltre al fisico serve allenare anche l’aspetto psicologico, perché l’emotività deve essere tenuta sotto controllo. Ed è uno degli aspetti più significativi di questa disciplina».
Andrea Sciuto e Mauro Micheli, per esempio, hanno deciso di provare l’arrampicata per superare la paura dell’altezza. «È andata bene – commenta il primo, 28 anni, architetto – lo faccio da quasi tre anni e nonostante qualche incidente di percorso continuo a combattere. È uno sport di comunità, sei legato al tuo compagno sia mentalmente che con la corda, ed è destinato a crescere, soprattutto dopo le Olimpiadi che si svolgeranno in Giappone, dove per la prima volta è stata inserita l’arrampicata».
Il 41enne Mauro Micheli, invece, nella vita fa il project manager e ha scoperto l’arrampicata sei anni fa attraverso un coupon. «Un’associazione di Nicolosi organizzava delle escursioni con la possibilità di provare l’arrampicata e mi sono innamorato di questo sport, è una liberazione mentale. Mentre mi arrampico non penso a niente, se non ai movimenti che devo fare. E spesso quando arrivo in cima non mi rendo conto di essere a 20 o 30 metri di altezza».
Ma come funziona il mondo dell’arrampicata? E dove si può praticare in Sicilia? «Esistono tre modi di arrampicare – spiega Ferlito – quella intesa come alpinismo, ovvero la scalata delle montagne; quella sportiva che si pratica in palestra, che prevede regolamenti e Federazioni e che fa riferimento alla FASI (Federazione di Arrampicata Sportiva Italiana); e quella outdoor, che si fa in strutture rocciose a bassa quota chiamate falesie, che arrivano fino a 40 metri e sono attrezzate con chiodi, tasselli, catene e ancoraggi». Quest’ultimo sembra essere il più diffuso e perché più divertente, con pericoli limitati e a contatto con la natura.
«In Sicilia si è diffuso agli inizi degli anni ’90, quando le falesie sono state chiodate ad opera di arrampicatori provenienti da tutta l’isola, che come vere opere d’arte hanno lavorato la struttura rocciosa creando vie d’arrampicata». Che oggi avrebbero bisogno di manutenzione, tasto dolente per gli arrampicatori. «Chiodare una parete implica un notevole sforzo in termini economici e di impegno e se i fenomeni naturali la rovinano non sempre chi l’ha chiodata anni prima è a disposizione per rimediare. Per questo sto cercando di trovare attraverso il CAI (Club alpino italiano) dei fondi per richiodare alcune pareti, visto che fortunatamente la stragrande maggioranza è ancora in ottimo stato».
In Sicilia ci sono una trentina di falesie a disposizione, tra Catania, dove la più famosa è Acquarocca a Zafferana; a Siracusa, dove si trova il curvone, uno dei più conosciuti e a Canicattini Bagni; a San Vito lo Capo, tra le mete più ambite; nel Palermitano, sulle Madonie (a Caltavuturo), e nel Ragusano. Zone battute da migliaia di persone se si considera chi arrampica sporadicamente, circa duecento se invece ci si riferisce a chi lo ha reso il proprio modo di vivere. Come il professore, che a chi vuole iniziare consiglia di approfittare dei corsi, come quelli organizzati dal CAI di Palermo, o aggregarsi ai gruppi più anziani per imparare dagli altri. «Auspico che questa attività continui a rimanere al di fuori dai giri associazionistici e dai regolamenti, perché è bello che si trasmetta dai più anziani ai principianti, senza dover pagare quote di iscrizione. Già viviamo una vita stra regolamentata, la domenica ci piace essere un po’ anarchici».
All’arrampicata è stata persino dedicata una canzone. A scriverla è stato Davide Pezzillo, 24 anni, musicista per passione che frequenta la specialistica in Graphic Design all’Accademia di Belle Arti di Catania. «Scopri un nuovo modo di vivere la natura e mi ha affascinato tanto da farci pure un pezzo musicale semi serio, la ballata dell’arrampicata, che spero possa invitare chi non arrampica a conoscere questa attività».
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