Nella città in cui i tanti cantieri, prima o dopo, finiscono in un buco nero qualcosa si muove. E si tratta di qualcosa per cui si stavano affievolendo quasi irrimediabilmente le speranze: la demolizione delle case di vicolo Bernava. Le palazzine, danneggiate dagli scavi per la creazione del tratto sotterraneo del Passante ferroviario non lontano dal tribunale, che da ormai diversi anni rimangono lì, deserte, pericolanti, uno dei tanti monumenti all’incompiuto, complice anche la rottura burrascosa tra la Sis, azienda che per undici anni circa ha portato avanti i lavori e il binomio Rfi-Comune di Palermo, committenti dell’appalto. Nonostante la promessa di demolire quanto meno gli immobili prima di cedere il passo, nulla è stato portato a termine «Ci hanno tenuti per nove mesi sulle spine – dicono fonti vicine a Rfi – ma alla fine non se n’è fatto niente».
Al via dunque un nuovo bando, ma anche qui la strada è stata tutt’altro che in discesa, con un primo giro a vuoto, senza cioè nessuno pronto a partecipare per aggiudicarsi i lavori da quasi un milione di euro. Fortunatamente è andata meglio col secondo tentativo, tanto che in questi giorni è in corso l’apertura delle buste. «Aspettiamo l’aggiudicazione – dice Rfi – una volta scelta l’offerta migliore ci sarà da fare tutte le verifiche previste dalla legge. L’esito si potrà avere non prima di gennaio 2020». Una deadline non proprio immediata, ma che finalmente ridà speranza non solo al quartiere, ma a tutto il blocco relativo al Passante ferroviario.
A vicolo Bernava infatti sono legati indissolubilmente i lavori per la fermata in prossimità di via Imera, proprio in fondo a quell’avvallamento in cui la strada si riempie d’acqua già con le prime piogge, la fermata dove Sis aveva convogliato tutta l’acqua pompata fuori dal sottosuolo e da dove dovrebbe partire la talpa per scavare quegli ultimi sessanta metri di galleria, interrotti proprio a causa dell’instabilità delle case di vicolo Bernava e via Serpotta, che potrebbero consentire il completamento della linea ferrata, che ormai da anni è fermo sopra il 90 per cento, come ricordano spesso i committenti, ma che proprio non si riesce a chiudere.
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