Partinico, torna libero l’architetto Zangàra Difesa: «Merito delle nostre lunghe indagini»

Coinvolto lo scorso febbraio nell’inchiesta della procura di Palermo Game over, che ha rivelato i collegamenti fra il mondo delle scommesse online illecite e Cosa nostra, torna adesso libero l’architetto di Partinico Devis Zangàra. Accolta in appello, infatti, l’istanza di scarcerazione presentata dai suoi legali, l’avvocato Antonio Ingroia e l’avvocato Antonio Maltese. Zangàra era stato descritto dagli inquirenti come uno dei fedelissimi del re delle scommesse, Benedetto Bacchi, l’imprenditore che avrebbe fatto affari con i boss. Tra questi, ci sarebbe stato secondo l’inchiesta anche l’affare per acquistare dei terreni su cui poi sono stati costruiti prima il supermercato Lidl di Partinico e poi, in seconda battuta, quello di viale Regione Siciliana a Palermo. Affari poco trasparenti di cui la multinazionale tedesca sarebbe stata, però, all’oscuro.

Proprio in questi affari gli inquirenti avevano collocato anche la figura di Zangàra, finito ai domiciliari con l’accusa di riciclaggio, titolare dell’azienda edile Cev Srl, società impegnata nella costruzione di importanti edifici in area palermitana tra cui i due supermercati, nella quale sarebbero stati investiti 750 mila euro di fondi secondo i magistrati occulti. Un’azienda, proprio la Cev srl, che per gli inquirenti che lo accusavano Zangàra avrebbe acquistato a febbraio 2016 attraverso «evidenti modalità equivoche» e che li facevano sospettare che in seno alla società fosse confluito del denaro di provenienza probabilmente illecita e appartenente a Bacchi.

Dopo il rigetto della gip Antonella Consiglio dell’istanza di scarcerazione depositata in primo grado, gli avvocati hanno proposto appello avverso e la richiesta è stata accolta dal tribunale del Riesame, che ha emesso il provvedimento di scarcerazione e ordinato il dissequestro dei conti correnti e della società intestata all’architetto. Potrà, quindi, tornare anche a dedicarsi al suo lavoro, adesso. «Eravamo convinti delle nostre ragioni e della totale estraneità di Zangàra alle accuse che gli venivano mosse, per questo siamo andati avanti impugnando il primo esito – dichiara l’avvocato Ingroia -. Abbiamo condotto una lunga attività investigativa nostra prima di presentare questa istanza, io personalmente ho sentito molti testimoni, raccolto documenti, insomma abbiamo acquisito tutti gli elementi che consentivano di contrastare l’impostazione accusatoria e il tribunale della libertà evidentemente ci ha dato ragione su tutta la linea, ma ovviamente aspettiamo di leggere anche le motivazioni del provvedimento».

«Oltre alla ritrovata libertà, è molto importante che siano stati revocati i provvedimenti di sequestro nei confronti della società di cui è unico socio, sospettata di essere in qualche modo riconducibile a Bacchi – dice ancora il legale -. Dissequestrati anche i conti di questa società e quelli personali dell’architetto, una vittoria insomma su tutta la linea». Mentre sulla notizia che ha tenuto banco in questi giorni e che lo riguarda in prima persona, l’avvocato spiega: «La scorta è stata revocata a metà maggio. Motivo? Secondo quanto mi è stato comunicato dal prefetto di Palermo e poi mi è stato confermato verbalmente dal capo della polizia gli organismi competenti di Roma e Palermo hanno ritenuto che non ci fossero più motivi di sicurezza per mantenere la scorta». 

Motivi, però che nessuno gli ha ufficialmente spiegato, ancora. «Io ho fatto varie lettere: una prima al ministro dell’Interno in carica in quel periodo, cioè Minniti, poi al nuovo ministro dell’Interno Salvini e al capo della polizia, dicendo tutte le ragioni ulteriori per le quali non condivido questa decisione, tenendo conto di dichiarazioni di pentiti, intercettazioni ambientali, cose che mi riguardano insomma e altro fino a qualche anno fa, perché non basta che passi poco tempo perché tutto finisca, ma il ministero dell’Interno ha detto che stanno valutando e che decideranno – dice ancora -. Reputo tutto piuttosto anomalo, di solito prima si parla col diretto interessato, si prendono da lui le informazioni necessarie e si fanno poi le valutazioni del caso. Questa cosa, ripeto, obiettivamente è stata anomala, tanto più che è venuta fuori due settimane dopo la condanna del processo trattativa, l’indagine che ho fatto io, questa è la situazione».

Silvia Buffa

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