Una legge nazionale per garantire l’equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali e una Regione, la Sicilia, che quel testo non lo ha ancora recepito nonostante manchino pochi mesi alle elezioni del 2022. Il testo prescrive sia l’inserimento della doppia preferenza di genere, come già avviene per le amministrative, che una rappresentanza di ogni sesso nelle varie liste non inferiore al 40 per cento. Per assurdo quindi non si potranno presentare situazioni con liste di soli uomini o sole donne. La Sicilia non è l’unica realtà a non essersi ancora allineata a quanto prescritto a livello centrale. A fare compagnia all’Isola ci sono Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Nel 2020 la Calabria si è adeguata in maniera autonoma mentre è stato necessario l’intervento di Roma per Puglia e Liguria.
Una forzatura che potrebbe riguardare anche la Sicilia, nonostante la presenza di quattro disegni di legge, elaborati in maniera trasversale da più forze politiche. Il governo guidato dal presidente Nello Musumeci a inizio 2021 aveva già dovuto fare i conti con tante tirate d’orecchie per la presenza di soli uomini nella propria giunta. Facendo raggiungere all’esecutivo l’ultima posizione in Italia. Un peggioramento rispetto alla penultima posizione quando in giunta c’erano le assessore Mariella Ippolito alla Famiglia e Bernadette Grasso alla Funzione pubblica. Attualmente l’unica rappresentante è Daniela Baglieri, nominata a febbraio alla guida dell’assessorato all’Ambiente e rifiuti.
Il binomio politica e uomini riguarda anche l’assemblea regionale siciliana con appena 18 deputate su 70. «In prima commissione siamo stati sentiti per tutto lo scorso anno. La cosa strana è che tutte le forze politiche sono d’accordo alla doppia preferenza di genere ma nulla si muove in un contesto di generale schizofrenia», commenta durante la trasmissione radiofonica direttora d’Aria Margherita Ferro, consigliera di Parità di genere della Regione Sicilia. «Mi auguro – aggiunge – che ci sia una forte coscienza politica per questo passaggio di civiltà». La questione tuttavia riguarda anche la tasca. L’uguaglianza di genere è un tema centrale anche per la Commissione europea e i finanziamenti da distribuire. Allo stato attuale la Sicilia rischia per l’ennesima volta di essere fanalino di coda. «L’Europa fornisce indicazioni precise sull’utilizzo dei fondi e l’inserimento delle donne – conclude Ferro – C’è un gap culturale da sanare e si può riuscire attraverso questi dispositivi normativi che, anche momentanei, possono aiutare a superare questo ritardo».
Le cosiddette quote rosa, come spesso vengono etichettate le questioni riguardanti la presenza della donne nei più svariati settori dal mondo del lavoro alla politica, non sono la soluzione definitiva per mettersi alle spalle un contesto culturale in cui l’uomo è la figura centrale. Possono però essere il grimaldello giusto per scardinare dei meccanismi consolidati. «La discussione sulle quote rosa non può mettere da parte quella sulle donne e il loro autonomo coinvolgimento nel mondo politico», spiega ai microfoni di Radio Fantastica-Rmb Rossanna Sampugnaro, docente di Sociologia dei fenomeni politici all’università di Catania. «Il legislatore dovrebbe spingere verso quelle misure che riescano a incentivare la partecipazione delle donne fin dalle prime fasi della vita, come a livello scolastico – spiega – Non rinuncerei a questa riflessione. Le donne partecipano di più rispetto al passato ma lo fanno in maniera differente. Non sono presenti negli organismi elettivi, ma sono molto operative in alti contesti, come nei movimenti sociali o in quelli di difesa dei diritti degli inquilini. Questo perché il nostro modo di intendere la politica è diverso rispetto agli uomini». Da non tralasciare anche altri fattori: come l’autoregolamentazione dei partiti e i contesti geografici. «Con le norme sulla parità ci sono stati dei cambiamenti laddove la cultura politica comportava una compressione della partecipazione politica, come nel Meridione».
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