‘Parentopoli’: non c’è solo la formazione professionale

La cosiddetta ‘Parentopoli’ – ovvero i rapporti ‘incestuosi’ tra politica e affari – riguarda solo la formazione professionale o c’è dell’altro? Questo giornale è stato tra i primi a porre l’accento sulla presenza di politici del mondo della formazione professionale. Ma sarebbe un grave errore circoscrivere a questo settore il problema.

Già da dizione ‘Parentopoli’ è errata perché troppo riduttiva. Perché se è vero che nella formazione professionale siciliana non mancano i casi di parentele (il ‘caso’ Messina, da questo punto di vista, è emblematico), è altrettanto vero che il problema è la gestione clientelare del denaro pubblico, della quale la cosiddetta ‘Parentopoli’ è solo uno dei tanti aspetti.

Che dire, ad esempio, dell’acqua? Non sfugge agli osservatori attenti che la marcia indietro del governatore Rosario Crocetta in questo delicato settore non è legata a sentenze della Corte Costituzionale, come certi ‘Azzeccagarbugli’ cercano di far credere. Crocetta un anno fa, in campagna elettorale, si proclamava paladino dell’acqua pubblica. Anzi, il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua era uno dei suoi cavalli di battaglia contro una politica siciliana che, nella passata legislatura, si era rifiutata di esaminare il disegno di legge d’iniziativa popolare per la gestione idrica pubblica. Il primo passo della ‘Rivoluzione’ annunciata da Crocetta era proprio il ritorno all’acqua pubblica.

Un mese fa, o giù di lì, Crocetta ha cambiato opinione. Annunciando: “Compagni, la ‘Rivoluzione’, almeno quella idrica, è rinviata…”. Perché Crocetta è diventato un paladino della gestione idrica privata? Per questioni filosofiche? Questo forse lo può andare a raccontare ai giornali americani. Noi che conosciamo benissimo la ‘prassi’ del suo sodale, Beppe Lumia, sappiamo benissimo che l’acqua, in Sicilia, è un grande affare. E che dietro l’acqua ci sono i soldi per i politici e, in alcuni casi, interessi diretti degli stessi politici.

Che significa questo? Che il disegno di legge sulla cosiddetta ‘Parentopoli’ dovrebbe diventare una questione di moralità pubblica e non ignorare la presenza di interessi politici nel settore idrico. E siamo certi che il presidente della prima Commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali), Marco Forzese, che è persona serie e per bene, includerà la questione acqua nel disegno di legge in esame.

Poi c’è la questione rifiuti. Ormai, è inutile che ci giriamo attorno, ci sono interessi precisi e visibili tra il mondo della politica e la gestione dei rifiuti. Il caso eclatante è rappresentato da Confindustria Sicilia che, da cinque anni, controlla in modo quasi ‘militare’ un assessorato della Regione siciliana (Attività produttive).

Non sappiamo – e non ci interessa nemmeno – se Confindustria Sicilia rappresenta gli interessi degli industriali siciliani (anche perché, a parte qualche polo pubblico, non riusciamo a vedere queste industrie). Ma sappiamo che, in Sicilia, questa organizzazione imprenditoriale è parte organica della maggioranza che sostiene il Governo Crocetta. Ha fatto campagna elettorale per l’attuale presidente della Regione e ha un proprio esponente nel Governo e propri esponenti nel sottogoverno (Irsap).

Ciò posto, riscontriamo un palese conflitto di interessi tra la questione rifiuti e Confindustria Sicilia, dal momento che il suo vice presidente, Giuseppe Catanzaro, è il titolare della più grande discarica della Sicilia, quella di Siculiana. La presenza di questo conflitto di interessi non ci sembra meno grave della ‘Parentopoli’ della formazione professionale. E siamo certi che il presidente Forzese terrà conto anche di questo.

C’è poi un altro aspetto interessante di questo disegno di legge sottolineato da alcuni parlamentari del Pd: le nomine di sottogoverno che, spesso, si legano a doppio filo a quello che, di fatto, è un voto di scambio.

Sarebbe importante stabilire, per legge, che coloro i quali si candidano alle elezioni per il rinnovo dell’Ars non potranno assumere incarichi pubblici nei cinque anni successivi alle elezioni. Il riferimento è agli incarichi conferiti dal Governo della Regione: Presidenza e assessorati regionali.

Finirebbe così lo scandalo – perché di scandalo si tratta – di personaggi che si candidano non per il gusto di prendere parte a una competizione politica, nel nome della democrazia, ma per portare voti in cambio di incarichi di sottogoverno. E quindi in cambio di soldi.

Perché il sottogoverno porta potere e soldi, legittimi e, in alcuni casi, anche illegittimi. Siamo certi che anche questo argomento sarà oggetto di attenta riflessione da parte della prima Commissione legislativa dell’Ars.

 

 

Redazione

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