Cambiare si può. Lo sanno bene i ragazzi della cooperativa sociale Parco Uditore, che dal 2012 si occupano dell’area verde urbana nell’omonimo quartiere palermitano. Un’area diventata negli anni un bene collettivo per la quale i cittadini hanno deciso di spendersi, in modo da trasformarla in un punto di riferimento della città aperto a tutti. Un percorso partecipato, quindi, unico nel suo genere, al quale si sono prestati semplici cittadini, imprenditori, professionisti, istituzioni e imprese. Oggi questo parco urbano è aperto sette giorni su sette e offre alla comunità attività di ogni tipo: ludico-ricreative, didattiche, culturali, di puro intrattenimento. Una storia a lieto fine come poche ce ne sono a Palermo e che ha permesso di concretizzare un modello esportabile. E che però deve fare i conti con le lentezze burocratiche della Regione. «I locali sono già affidati a Parco Uditore cooperativa sociale. Ma aspettiamo che ce li liberino per aprire un centro di aggregazione per bambini e ragazzi», spiegano i volontari.
Si tratta di alcuni ampi locali inagibili e pieni di vecchi documenti in stato di totale abbandono, che se non vengono sgomberati non potranno essere riqualificati e trasformati nel nuovo spazio immaginato da tempo dai volontari della cooperativa. Ma gli appelli, finora, sono rimasti inascoltati. Anzi, l’unico risultato ottenuto finora è stata una catena nuova di zecca a chiusura dei vecchi capannoni abbandonati, che i volontari hanno trovato la mattina del 13 novembre: «Questa è la risposta della Regione Siciliana alle nostre richieste di apertura dei locali alla cittadinanza e di riqualifica degli stessi a costo zero per l’amministrazione – è la reazione a caldo dei volontari – . Questa catena esprime la chiusura di un’amministrazione che vuole bloccare lo sviluppo sociale di un’intera comunità. Pretendiamo risposte». Risposte a una richiesta che dal 2017 non è mutata: «Torniamo ancora una volta a chiedere che venga rispettata la convenzione che da oltre un anno ci vede assegnatari dei locali che si trovano all’interno dell’area denominata Fondo Uditore e che, nonostante le nostre ripetute sollecitazioni affinché la Regione provveda allo sgombero dei locali, continuano a permanere nel medesimo stato di degrado che si evince dalle foto».
Perché l’amministrazione continua a sottrarsi a suoi doveri? È un cruccio, questo, per i volontari che si prendono cura del parco urbano, basiti di fronte a chi preferisce usare, come strumenti di dialogo, catene e lucchetti. «Chi ha interesse ad ostacolare la nostra esperienza di innovazione sociale? A chi fa comodo tenere questi edifici in queste condizioni anziché metterli a disposizione del parco e consentire lo svolgimento di tutte quelle attività invernali che al momento non possiamo realizzare per mancanza di locali? – si domandano -. Ogni mese sosteniamo ingenti costi per la manutenzione del parco senza l’ausilio di fondi pubblici. L’utilizzo di questi locali diventa fondamentale per la sostenibilità economica dell’area». Ma settimane di appelli e denunce non sono servite a smuovere la situazione. «Siamo esasperati e amareggiati. Per questo abbiamo scritto alla Soprintendenza Archivistica e ottenuto un intervento tempestivo della stessa, la quale ha già provveduto a richiamare l’amministrazione regionale competente al rispetto degli specifici obblighi di legge previsti in tema di conservazione dei pubblici archivi. Adesso attendiamo risposte dalla Regione – insistono i volontari -. Ma soprattutto attendiamo di comprendere perché si vuole ostacolare un processo di sviluppo virtuoso per l’intera comunità».
«Abbiamo affrontato questa problema in un incontro proprio pochi giorni fa, sembrerebbe che ci sia qualche problema nella concessione originariamente data al corpo forestale nell’utilizzo di questo bene, cioè di tutto il parco – spiega a questo punto Benedetta Grazia Cannata, dirigente generale del dipartimento regionale delle Finanze -, quindi ci siamo ripromessi di andare a rivedere questa concessione e definire il problema, ci vuole un pochino di pazienza da parte della cooperativa, però dobbiamo risistemare tutti gli atti di concessione». Permane un ottimismo nelle parole della dirigente, che promette che in un po’ di tempo la situazione potrebbe risolversi. Mentre i volontari rilanciano la provocazione: «Non credete sia arrivato il momento di lavorare tutti insieme per consegnare alle nuove generazioni una società migliore di quella in cui viviamo adesso?».
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