Prima la sospensione in seguito al ricorso degli attuali gestori, poi la notizia ben più grave dell’interdittiva antimafia a una delle due imprese prime in graduatoria, adesso la scure del Tar che con una sentenza ha annullato il bando di gara. Se la storia della riqualificazione di San Berillo affonda le radici a metà del secolo scorso, quella per la realizzazione del parcheggio interrato all’angolo tra via Sturzo e via Rizzo – una delle opere che dovrebbero contribuire a dare un nuovo volto al quartiere – inizia ad acquisire i tratti della piccola epopea. Il pronunciamento è arrivato nei giorni scorsi, quando la gara d’appalto da oltre undici milioni di euro ha già da qualche mese registrato la valutazione delle offerte fatte dalle sole cinque imprese partecipanti.
Proprio l’esiguo numero di buste presentate rappresenta la conferma di ciò che ha stabilito la prima sezione del tribunale amministrativo di Catania, accogliendo il ricorso presentato in estate da Ance Sicilia, l’associazione che rappresenta i costruttori edili dell’isola, secondo cui il Comune di Catania ha ideato un bando di gara con caratteristiche da rendere impossibile «formulare un’offerta sostenibile, seria e remunerativa». La principale criticità, condivisa dai giudici, ha riguardato la richiesta da parte della stazione appaltante di offrire quelli che sono stati ritenuti «lavorazioni e servizi aggiuntivi» rispetto all’oggetto dell’appalto. Solo così, infatti, le imprese avrebbero potuto ambire a ottenere 70 degli 80 punti previsti dalla valutazione tecnica del progetto.
Per quanto Palazzo degli elefanti si sia difeso definendoli servizi «complementari» e non aggiuntivi, il Tar ha specificato che avere chiesto alle imprese di farsi carico della manutenzione ordinaria e straordinaria per dieci anni, della fornitura di New Jersey e di altre apparecchiature destinate a «tratte stradali e aree estranee all’intervento» ha di fatto resa aleatoria la base d’asta. A riguardo Ance ha quantificato in circa 4,5 milioni di euro la spesa che le società avrebbero dovuto affrontare per soddisfare queste pretese. Una cifra pari a circa il 40 per cento dell’appalto con la conseguenza di mettere a rischio l’idoneità dell’offerta tecnica per quanto concerne la realizzazione del parcheggio.
Un altro tallone d’achille della gara è stato individuato nel prezziario: il bando ideato dal Comune, infatti, faceva riferimento a quello regionale del 2018. Non il più aggiornato. «L’inarrestabile impennata dei prezzi di alcune materie in uno al mancato aggiornamento del progetto al nuovo prezzario regionale vigente al momento dell’avvio della procedura di gara – si legge nella sentenza – comporta solo per talune limitate voci un incremento dei costi pari ad almeno il 3 per cento dell’importo dei lavori a base d’asta, per un ammontare complessivo di 330.029,49 euro. Con il risultato – sottolineano i giudici – di porre a base di gara un importo inferiore al reale valore dell’intervento così come risultante dalle stime ufficiali vigenti». Ad aggravare un quadro che avrebbe reso del tutto antieconomico il bando, ci sarebbe infine stata la richiesta alle imprese di dotarsi di una polizza indennitaria della durata di 15 anni, anziché dei canonici dieci previsti dalla normativa, a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell’opera, o dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi.
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