«Qui i capelli si tagliano solo agli italiani». Precious ha imparato che a Palma di Montechiaro, il paese dell’Agrigentino dove è finito dopo essere sbarcato in Sicilia, ci sono barbieri e barbieri. Quelli dove anche lui può entrare e quelli che gli sbattono la porta in faccia. Perché «non italiano». Un episodio di razzismo che il giovane nigeriano ha raccontato a un’operatrice del centro Sprar dove vive da due anni. «Era febbraio – ha riferito – ero insieme ad altri ragazzi del mio Paese e sono entrato perché volevo tagliarmi i capelli. Ma l’anziano proprietario si è rifiutato e ha chiuso la porta. Noi ce ne siamo andati e ho trovato un altro posto dove ho potuto tagliarli senza problemi». Il parrucchiere per uomo protagonista dell’episodio, confermato anche da altri migranti richiedenti asilo che erano con Precious, si troverebbe in una delle vie del centro di Palma. «I’m not happy here (Non sono felice qui)», ha concluso il suo racconto.
Parole che nella comunità dove alloggiano una trentina di maggiorenni richiedenti asilo hanno aperto la strada ad altri racconti in cui i migranti denunciano di essere stati presi di mira: colpiti da uova in strada, non pagati alla fine di giornate di lavoro in nero, fermati e sottoposti a richiesta di documenti da persone senza divisa e che non apparterrebbero alle forze dell’ordine. «Ero in bici e stavo andando verso lo stadio – ha ricostruito Emmanuel – qualcuno dalla macchina mi ha tirato dell’uva addosso. L’auto andava veloce e non sono riuscito a prendere il numero di targa».
Un episodio simile sarebbe accaduto anche a un altro ragazzo lungo la strada statale che collega Palma di Montechiaro a Licata. «Mi hanno tirato un uovo addosso mentre tornavo da lavoro – ha raccontato Saturday – mentre in un’altra occasione uno si è accostato con la macchina e mi ha sputato». C’è poi la questione del lavoro nero. Secondo quanto raccontano diversi migranti ospiti dello Sprar, la mattina presto vengono portati dai caporali in campagna con la promessa di una misera paga a sera. Ma neanche quei pochi euro, in alcuni casi, gli sarebbero stati consegnati.
A Palma sono sorte negli ultimi anni tre comunità per minori non accompagnati e un centro Sprar che si avvale di tre strutture. In totale sono ospitati nel Comune agrigentino un centinaio di migranti. Il sindaco, Pasquale Amato, afferma di «non essere a conoscenza degli ultimi episodi, ma – aggiunge – non li escludo assolutamente perché ci sono molti balordi». Tuttavia per il primo cittadino non si tratterebbe tanto di razzismo, ma di «aggressione al diverso, di qualunque tipo». «Se il sindaco vuole la legalità, se la prendono col sindaco – sottolinea – sono selvaggi». Amato, quindi, entra in particolare nel merito della discriminazione nelle campagne. «Non è razzismo, è che questi poveretti sono entrati in un sistema che già esisteva e che è fatto di truffatori».
Eppure, proprio a Palma, negli ultimi mesi si è sperimentata una forma d’integrazione che prevede il coinvolgimento dei migranti in lavori per la collettività in cambio di borse lavoro. «Sette, dieci euro al giorno in cambio, ad esempio, della manutenzione del verde a cui provvedono insieme ai dipendenti comunali. È il ministero che mette i soldi, anche se – ammette il sindaco – i tempi dei pagamenti sono abbastanza lunghi». Esperienze che però, evidentemente non sono riuscite a scalfire l’ignoranza di alcuni cittadini.
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