Al di là del risultato. In una giornata convulsa nella quale, tutto sommato, una sconfitta poteva anche essere messa in preventivo alla luce delle problematiche con le quali ha dovuto fare nuovamente i conti un Palermo travolto dall’emergenza Covid, il fatto che la squadra abbia mosso la classifica dà ancora più valore a ciò che è riuscita a fare nell’arco dei novanta minuti. Impossibile decontestualizzare la partita, anomala e (numeri alla mano) oggettivamente sbilanciata dalla parte degli ospiti, dagli sviluppi di un lunedì surreale (simile, per contenuti, al giorno in cui è stata rinviata la gara interna con la Turris) durante il quale il Coronavirus ha messo un’altra volta il bastone fra le ruote dei rosa, scesi in campo nel derby casalingo con il Catania con un organico ridotto all’osso composto da dodici giocatori, gli undici titolari e il solo Matranga, portiere classe 2002, in panchina. Ecco perché il pareggio (1-1) maturato nel match contro gli etnei ha il sapore di una vittoria per il Palermo. Che ha dato tutto ciò che aveva gettando, come si dice nel gergo calcistico, il cuore oltre l’ostacolo e dimostrando, in una situazione di emergenza acuita dalle non perfette condizioni di Palazzi reduce da un problema ad una spalla e da un secondo tempo per onor di firma da parte di Valente alle prese con uno strappo muscolare, di essere un gruppo unito in possesso delle risorse caratteriali necessarie per superare anche i momenti più complicati.
Cosa chiedere di più ad una squadra decimata, consapevole di non avere cambi e costretta, peraltro, a convivere in questo periodo con l’ansia costante della positività nell’ambito dei frequenti cicli di tamponi? Il Palermo, che deve rinviare l’appuntamento con il primo successo in campionato, anche se non ha dato slancio al proprio cammino ed è rimasto ultimo in classifica è stato certamente il vincitore morale di una partita nella quale avrebbe meritato di conquistare l’intera posta in palio. E non soltanto per la grinta, la determinazione e la forza mentale con cui i superstiti sono riusciti a ricompattarsi e ad affrontare le difficoltà ma anche e soprattutto per la qualità e il volume di gioco espresso durante il match. I padroni di casa, a segno al 15′ del primo tempo con un tap-in di Kanouté sugli sviluppi di un calcio d’angolo, non hanno concesso praticamente nulla ad un Catania temibile e, contrariamente all’avversario, in campo in condizioni ‘normali’ al netto dell’assenza di sei rossoazzurri indisponibili. E già questo aspetto, tenuto conto anche delle potenzialità della compagine guidata da Raffaele ancora alla ricerca di continuità ma certamente più rodata rispetto ai cugini, rappresenta un motivo di soddisfazione.
Resta, ovviamente, il rammarico per il gol all’80’ subìto dall’attaccante Pecorino (rete rocambolesca in seguito ad un duello vinto con Marconi e che molto probabilmente sarebbe stata annullata se ci fosse stato il Var essendo viziata da un fallo di mano), unico neo, sul fronte rosanero, in una gara condotta con autorità e consapevolezza dei propri mezzi al cospetto di un Catania contratto e poco lucido nella gestione di diverse situazioni di gioco. La prestazione degli uomini di Boscaglia, impreziosita da spirito di sacrificio, tanta generosità e sprazzi di bel gioco ‘introvabili’ in occasione delle prime uscite stagionali, avrebbe certamente strappato gli applausi del pubblico del Barbera e ‘conquistato’ i tifosi, assenti fisicamente ma – e questo fattore ha contribuito ad alimentare le motivazioni del gruppo – presenti idealmente al fianco dei giocatori. Supportati da uno striscione esposto in Curva Nord (Prima Sedes, Corona Regis ed Regni Caput, espressione che indica i tre titoli diventati prerogativa della città di Palermo con la fondazione del Regno di Sicilia del 1130) e incitati prima della partita da almeno 150 ultras della Curva Nord 12 che hanno accompagnato il pullman nel percorso di avvicinamento allo stadio con tanti cori e una coreografia preparata con una fiaccolata e una coltre di fumogeni.
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